“Waiting for the Barbarians” del talentoso regista colombiano ha le movenze di un’opera teatrale e vanta due padri letterari. Nonostante qualche calo di ritmo, grazie all’ottimo cast in cui svettano Mark Rylance e Johnny Depp, riesce a modellare sulla metafora dell’avamposto sotto invisibile attacco, le ansie “periferiche” del mondo moderno: l’arroganza di chi comanda, la paura e l’odio per il diverso
Impossibile, fin dalle prime immagini di Waiting For The Barbarians del colombiano Ciro Guerra (una nomination all’Oscar al miglior film straniero con El Abrazo de la Serpiente nel 2016), non pensare a Il deserto dei Tartari di Dino Buzzati. Tratto in realtà dall’omonimo libro del sudafricano premio Nobel per la letteratura John Maxwell Coetzee, l’esordio in lingua inglese del regista colombiano, presentato alla Mostra del Cinema di Venezia l’anno scorso, è probabilmente il primo caso di film ricavato da un’opera letteraria ispirata a sua volta a un altro romanzo. Tante sono, in effetti, le affinità tra il racconto di Coetzee (qui ai suoi esordi come sceneggiatore, e un po’ si vede) e il capolavoro dello scrittore bellunese: identiche sono infatti premesse e ambientazione, un avamposto ottocentesco sperduto in immaginari territori di frontiera minacciati nei loro confini, o così pare, da un invisibile nemico alle porte.
Eppure, non fosse per la fotografia di Chris Menges, splendida ai limiti del manierismo da cartolina, la pellicola di Guerra sembrerebbe piuttosto l’adattamento di un’opera teatrale, affidato com’è quasi esclusivamente alla scrittura dei dialoghi e all’interpretazione dei protagonisti. È infatti soprattutto nel mettere assieme il cast che la casa di produzione Iervolino Entertainment (100% italiana, ed è una bella novità) pare non abbia voluto badare a spese: il risultato è che Waiting For The Barbarians assume da subito il tono lento e compassato del suo protagonista pressoché assoluto, Mark Rylance, premio Oscar per Il Ponte delle Spie, bravissimo (oppure no, a seconda dei gusti) a non eccedere mai, nemmeno quando potrebbe o dovrebbe. Lo stesso si potrebbe dire, sorpresa delle sorprese, di un Johnny Depp mai così misurato, quasi monocorde, nei panni del perfido e glaciale colonnello/aguzzino in visita al forte. A completare il cast, la quasi esordiente modella di origine mongola Gana Bayarsaikhan, una rediviva Greta Scacchi e l’ormai meritatamente ritrovato Robert Pattinson, che conferma così il proprio gusto per le incursioni, tra un Tenet e un Batman, nel cinema di nicchia semi-indipendente.
Già, perché, nonostante il cast stellare, il film di Guerra è tutto meno che un potenziale blockbuster: malgrado alcune buone idee di regia (magistrale soprattutto l’uso della luce in alcuni momenti) a mancargli è soprattutto il ritmo, e quel pizzico di suspense che non guasta mai, che sarebbe stato lecito aspettarsi. Invece, nonostante l’evidente buona volontà, di quella sensazione costante di assedio imminente che caratterizza le fonti da cui è tratto, nel film non rimane traccia. A scandire il passare del tempo (quasi due ore di proiezione, e verso la fine si sentono tutte) è così soltanto il susseguirsi delle stagioni che divide in capitoli il racconto, e l’inesorabile sorgere e tramontare del sole sui territori desertici attorno alla fortezza.
Più che un sentimento di minaccia, prevale allora un’attualissima immagine di periferia abbandonata a un equilibrio dal sapore della rinuncia, rotto nel peggiore dei modi dalla cecità arrogante di chi comanda senza conoscere, reprime senza comprendere. In questo, come dichiarato a più riprese dallo stesso regista, Waiting è l’efficacissima metafora di una contemporaneità basata sull’eterna paura del diverso oltre i confini, sulla costante ricerca di un nemico da sconfiggere per vuoto senso di superiorità.
In tal senso, la ribellione del “Magistrato” interpretato da Rylance, antieroe nell’aspetto e nel carattere fin quasi all’inevitabile conclusione, è, ancora secondo le parole di Guerra, “donchisciottesca”: una battaglia contro i mulini a vento di una società di veri barbari, quella all’interno della cittadella, isolata dal resto del mondo al punto da ignorarne le sorti, ma preda dei medesimi, spietati meccanismi.
Waiting for the Barbarians di Ciro Guerra, con Mark Rylance, Johnny Depp, Gana Bayarsaikhan, Robert Pattinson, Greta Scacchi