Banche e vigilanza, cosa non ha FUNZIONATO

Articolo tratto da Il Sole 24Ore Plus a firma Nicola Borzi

I casi limite della Vicenza ispezionata sei volte e degli aumenti di Mps: gli strumenti disponibili per azionisti e bondisti

Cosa non ha funzionato nei controlli interni ed esterni lungo i tragitti verso i dissesti di Mps, Popolare di Vicenza, Veneto Banca, ma anche Banca Etruria, Banca Marche, CariFerrara e CariChieti? Se oltre mezzo milione di piccoli investitori hanno visto bruciare decine di miliardi di risparmi allocati in azioni e bond subordinati, un problema di vigilanza evidentemente c’è stato. Strumenti giuridici per tutelare i risparmiatori, azionisti in primis, e far valere la responsabilità delle autorità di controllo ci sono. Ma le situazioni variano caso per caso.

Il caso limite della Vicenza
Il caso limite è quello della Vicenza. La banca guidata per quasi un ventennio da Gianni Zonin, negli anni precedenti l’aumento di capitale da 908 milioni deciso a maggio 2014, fu sottoposta a cinque ispezioni della Vigilanza di Banca d’Italia: dal 23 ottobre 2007 al 12 marzo 2008 (con sanzioni irrogate il 31 marzo 2009), dal 16 aprile al 7 agosto 2009 (senza sanzioni), dal 29 novembre 2010 al 16 marzo 2011 (senza sanzioni), dal 28 maggio al 12 ottobre 2012 (senza sanzioni), infine dal 10 marzo 2014 per conto della Banca centrale
europea con l’esame della qualità degli attivi. Ma fu solo l’ispezione Bce del settembre 2015 a dimostrare che negli aumenti 2013 e 2014 erano state raccolte azioni per 974 milioni finanziate da prestiti.

Eppure la Consob aveva approvato prospetti, documenti informativi, note di sintesi e supplementi (decine di documenti, centinaia di pagine): salvo far apporre sul frontespizio di ogni testo la frase «l’adempimento di pubblicazione non comporta alcun giudizio della Consob sull’opportunità dell’investimento proposto e sul merito dei dati e delle notizie relativi».

Articolo tratto da Il Sole 24Ore Plus a firma Nicola Borzi