Andrei Grachev: “I giovani sono figli di Gorbaciov non vogliono il passato sovietico”

Il politologo: «Vedremo un Paese gestito da un sistema post-Putin»

In più, gli Usa, che si disinteressavano della difesa in Europa, vi ritornano in forze…
«Sì. E sospetto che i circoli di Joe Biden avessero degli interessi a una rottura tra l’Europa e la Russia e tra questa e l’Ucraina: a una crisi tipo Afghanistan bis per Mosca. Permette agli Usa di far dimenticare la disfatta e la vergogna per la loro gestione della tragedia in Afghanistan. Gli americani adesso spostano l’attenzione dalla Cina e ritornano in Europa. Questo fa il gioco di Pechino. È un tentativo curioso e paradossale, che fa pensare a Henry Kissinger nel 1972, quando utilizzò la Cina in funzione anti-sovietica».

Putin punta molto all’asse Mosca-Pechino…
«Spera di esservi alla pari con la Cina. Ma, anche a causa delle conseguenze negative della sua operazione in Ucraina, rischia di diventare solo un vassallo».

Intanto l’India, la Turchia, gli Stati del Golfo non prendono le distanze da lui, Cosa ne pensa?
«Forse è una decisione temporanea, ma è un fattore importante, che permette a Putin di rompere il fronte occidentale delle sanzioni. Lui spera di continuare a giocare su più tavoli sulla scena internazionale».

Lei all’interno della Russia crede all’esistenza di una vera opposizione a Putin e al suo clan?
«Dopo l’intervento voluto da Breznev in Cecoslovacchia, ci furono otto persone che protestarono nella Piazza Rossa, nel 1968. Dopo l’invasione dell’Afghanistan, nel 1979, ci vollero sei anni prima che Gorbaciov prendesse il potere. Ma ormai la storia si accelera: questa volta non aspetteremo sei anni per vedere un nuovo dirigente al posto dell’attuale presidente e la Russia gestita da un sistema post-Putin».

Ne è convinto?
«È una delle conseguenze prevedibili dell’operazione in Ucraina, anche se non immediata. In questa che è pure una guerra delle idee, di definizione delle scelte della Russia, l’ottica di Gorbaciov prevarrà su Putin. I giovani di oggi, figli della generazione di Gorbaciov, non vogliono essere trascinati nel passato sovietico e neppure in una nuova versione asiatica dell’impero».

Ora, comunque, nell’immediato va affrontata un’emergenza. Cosa consiglia di fare all’Europa?
«Bisogna accompagnare i due Paesi impegnati nel conflitto verso un’uscita d’emergenza. E la priorità è limitare i danni e salvare le vite umane, anche sacrificando i grandi principi. Bisogna ritornare, nonostante tutto, alla formula discussa al momento degli accordi di Minsk: la neutralità e, quindi, la finlandizzazione dell’Ucraina. Altra questione dibattuta per otto anni: fare dell’Ucraina uno Stato federale, per confermare a livello istituzionale l’esistenza di una minoranza di lingua russa, che corrisponde a quasi un terzo della popolazione. Questo tipo di soluzioni potrebbero calmare il gioco, offrire a Putin la possibilità di giustificare l’alt all’offensiva. Poi, bisognerebbe riparare a un errore fatale commesso dall’Europa otto anni fa, quando ha iniziato a considerare la possibilità di un’adesione all’Ue dell’Ucraina, associandola pure a una alla Nato. Così Putin ha iniziato a dire che l’Organizzazione atlantica era il braccio armato dell’Ue».

Si parla degli errori di Putin. E gli europei e gli americani ne hanno fatti nei confronti della Russia?
«L’Occidente si è comportato in modo miope: non ha utilizzato la chance eccezionale offerta dalla fine della Guerra Fredda, dalla caduta del muro di Berlino e soprattutto dal disegno di Gorbaciov di far entrare la Russia post-sovietica nella casa comune europea. L’Ue e la Russia non sono usciti dalla Guerra Fredda come partner ma come rivali, per diventare avversari e nemici. La Russia, invece di essere integrata e accompagnata nella transizione post-comunista, è stata marginalizzata e rigettata verso i demoni dell’epoca sovietica. Putin è anche il prodotto di tutto questo».

 

 

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