Altra resistenza.

Ormai lo stallo sullo sbarco dei migranti dalla nave Diciotti, al porto di Catania, è diventata una paralisi politica. E il Quirinale non sta a guardare. La scena si ripete: come per l’Aquarius, Mattarella telefona al premier Conte chiedendo di sbloccare la situazione. A raccontare le concitate fasi, anche con triangolazioni europee, che precedono la decisione di Salvini di far scendere solo i bambini (sfidando le raccomandazioni del presidente della Camera Fico) sono Tommaso Ciriaco e Alberto D’Argenio. L’imbarcazione della Guardia costiera è una sorta di simbolo di resistenza che Francesco Merlo descrive come “una nave senza riposo, con i fantasmi che prende a bordo, con le sue anime notturne, che questa volta sono 177 sottratte alla morte al largo di Lampedusa”.

Di resistenza parla anche l’arcivescovo Angelo Bagnasco. Ha ancora negli occhi il dolore dei familiari delle vittime del ponte Morandi, di cui ha celebrato i funerali. Eppure è ottimista sul futuro della sua città. “Sono genovese e conosco i genovesi. Li ho visti resistere in altre circostanze, come le alluvioni” dice ad Alessandro Cassinis. “Il rischio – prosegue – è che Genova perda una quota di fiducia nei rapporti a tutti i livelli. Questo non deve accadere”. E afferma perentorio: “Genova si aiuta con la soluzione dei problemi”.

Intanto la procura di Genova ha stilato un primo elenco di almeno una dozzina di indagati – fra dirigenti di Autostrade e del ministero delle Infrastrutture – per il collasso dell’infrastruttura. “Un elenco – scrive Marco Preve – che fa emergere ufficialmente la lapalissiana situazione di imbarazzo in cui si trascina da giorni il rapporto fra la magistratura e la commissione ispettiva del Mit”. I pm si stanno apprestando a chiedere un incidente probatorio, la prova senza replica della scarsa resistenza dei maledetti stralli che hanno tradito il viadotto caduto.