Alla scuola dei Gilets Jaunes, il diario di un apprendistato politico

Le lotte che hanno attraversato la Francia tra il novembre del 2018 e il marzo del 2020 brillano «come un fragile bagliore nella notte» dentro ad un ciclo politico segnato dalla crisi del neoliberismo moderato e dal frantumarsi dell’Europa politica. Tuttavia, nulla di tutto ciò sarebbe avvenuto senza quel fondamentale evento democratico rappresentato dal 17 novembre del 2018, primo atto dei Gilets Jaunes. È questa la tesi espressa nell’ultimo libro che Barbara Stiegler ha pubblicato per Verdier con il titolo Du cap aux grèves. 17 novembre 2018 – 17 mars 2020 (pp. 134, euro 7).

SI TRATTA DI UN DIARIO che racconta l’apprendistato politico alla scuola dei Gilets Jaunes, di un’intellettuale di solito assai riservata. Ma è anche un contributo prezioso per chiunque volesse liberarsi dalle «idee che paralizzano» il nostro immaginario. Secondo la Stiegler, infatti, dai Gilets Jaunes, «questi cosiddetti populisti che – cosa insensata! Illogica! – non vogliono avere capi», questi insorti che non formano partiti, non corrono alle elezioni, e che «non smettono di decapitare tutti coloro che cercano di guidare il movimento dall’alto», possiamo tutti imparare a trasformare i codici e le forme della nostra militanza e a riorientare il modo in cui costruiamo le nostre analisi.

Il movimento dei Gilets Jaunes ha infatti spezzato la credenza secondo la quale la storia è distesa su una linea retta e inflessibile e dunque in politica si debba conoscere in anticipo la fine del percorso: faranno un partito? Si presenteranno alle elezioni? Altrimenti cui prodest? All’ossessione per la previsione teleologica, il movimento ha sostituito una cronologia diversa, nella quale il presente si costruisce in comune.

D’ALTRA PARTE, continua Barbara Stiegler, di fronte alle «impasse dell’orizzontalità», e al dubbio che attraversa ogni esperimento di «democrazia radicale», i Gilets Jaunes ci hanno mostrato che «il campo politico non è né orizzontale, né verticale, né obliquo», ma si costruisce lontano dal potere, nella prossimità di coloro che trovano la forza di sperimentare il futuro, accumulando sapere, potenza e intelligenza collettiva.

Dai Ronds Points del 2018 agli scioperi del 2019-2020 non vi è alcuna soluzione di continuità, dunque: e del resto neppure il più triste dei cronisti ha potuto fare a meno di contare i moltissimi Gilets che davano forza e vigore ai cortei sindacali, facendo tremare i maldestri capitani che cercano di imporre al mondo la rotta neoliberale.

IN UN LIBRO assai prezioso, pubblicato per Gallimard nel 2019 con il titolo Il faut s’adapter. Sur un nouvle impératif politique, la filosofa francese ha costruito una genealogia critica del neoliberismo, inteso come un insieme di strategie volte a rieducare la specie umana per adattarla al «gran gioco della competizione mondiale», secondo le tesi darwiniste elaborate dopo la crisi del 1929 da Walter Lippmann. Ora è proprio questa ingiunzione biopolitica – adattatevi o sparite – che il movimento dei Gilets Jaunes ha rifiutato. Nella contro-proposta democratica, sperimentata nella miriade di capanne e Ronds-Points, nei cortei, nelle case del popolo e nelle grandi assemblee nazionali organizzate dai Gilets Jaunes, Stiegler vede insomma una eco della lezione di John Dewey, il quale opponeva a Lippmann una diversa lettura di Darwin, proprio sul tema dell’adattamento: «nel laboratorio sperimentale della vita – scrive Stiegler – i valori e i fini dell’evoluzione sono sempre multipli, locali e provvisori».

QUI LA RICERCA di Stiegler si apre su undici tesi per reinventare lo sciopero, marcate dalla potenza della sesta tesi che recita: «non c’è alcuna relazione logica tra lo sciopero e la violenza, e neppure tra la lotta e la sofferenza». Con l’eleganza delle «ipotesi fragili di una novizia», allora, questo prezioso libretto si offre al ragionamento, alla critica e alla discussione collettive. E tuttavia tutto questo non basta.
L’esplosione della pandemia globale ha infatti cambiato lo scenario. Tutti i grandi flussi del mercato globale hanno dovuto subire un deciso rallentamento. Il virus, insomma, è sembrato ad alcuni un formidabile alleato nella lotta contro la distruzione del pianeta. Lecito dubitarne. Piuttosto è certo, avverte Stiegler, che se lasciamo «cospirare» il virus con l’oligarchia neoliberale, il domani rischia di essere segnato dalla dissoluzione definitiva di «tutte le agorà, di tutti i consigli e i gruppi a partire dai quali la democrazia tentava di riprender vita». Si tratta allora di affrontare il rischio, sperimentando collettivamente delle forme di «sciopero in confino» o, in altri termini, inventando le lotte necessarie dentro e contro la pandemia globale.

 

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