L’approvazione da parte di una risicata maggioranza (19 contro 15) del documento conclusivo dell’inchiesta parlamentare sulle banche fa calare il sipario su di una iniziativa avviata con enorme ritardo, sviluppatasi con l’occhio e la mente sulle prossime elezioni, ma anche con una certa produttività dei lavori e una sicura intensità delle verifiche, per giungere, infine, alle conclusioni di ieri. Che non si sarebbe arrivati a un documento di proposte votato pressoché all’unanimità era diffusamente temuto o previsto: un’inchiesta parlamentare non può muovere da analisi spesso nettamente differenziate sull’accaduto, ma poi formulare proposte di modifiche normative e comportamentali unitarie. Si tratta del vizio d’origine della conclusione dei lavori formulata dal presidente Pier Ferdinando Casini. Tuttavia, accettando una scelta pragmatica, realistica, l’idea avrebbe potuto fare strada solo come il minimo comune denominatore, ma, incombendo la fase calda della campagna elettorale, anche questa impostazione difficilmente poteva essere largamente condivisa, anche perché il documento delle proposte è in parte generico, in qualche punto lacunoso e, soprattutto, non sottolinea, come una inchiesta parlamentare dovrebbe fare essendo il Governo il primo organo sulla cui specifica attività nel settore bisogna indagare, le responsabilità dello stesso Esecutivo che non sono infondate, se solo si pensa ai gravi ritardi nella ricapitalizzazione del Montepaschi e per tacere di molto altro. Insomma, si è trattato di un’occasione solo in parte perduta e non senza qualche giustificazione per la perdita. Chi, nella maggioranza, aveva pensato di sferrare un colpo micidiale alla Banca d’Italia è stato gravemente colpito dal boomerang, finendo con il tacere e non essendo in grado, dunque, di replicare alcunché all’audizione del Governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, che, tenuta alla conclusione dei lavori dell’inchiesta, resta un momento importante innanzitutto per la mancanza di obiezioni o controdeduzioni alla sua esposizione Ora, però, esiste una documentazione abbondante che complessivamente potrà essere rassegnata ai nuovi Parlamento e Governo. Il lavoro compiuto non è evaporato; ha una conclusione dispersiva, ma i documenti e le audizioni, così come i commenti dei diversi gruppi, forniscono dei materiali assai importanti. Il rapporto che, per brevità, potremmo chiamare Casini contiene una serie di proposte che vanno approfondite: dai maggiori poteri investigativi da assegnare alla Banca d’Italia – ma occorrerà valutare nel merito come, per esempio, l’utilizzo della polizia giudiziaria si raccordi con le ispezioni condotte dall’ispettorato dell’Istituto – alla revisione, per intanto, degli scambi di informazione tra la Banca d’Italia – che nelle vicende esaminate ha tenuto al riguardo un comportamento bene in armonia con la legge del 2005 – e la Consob, alla riforma delle attribuzioni per finalità delle funzioni dei due soggetti testé indicati, alla creazione di Sezioni speciali presso le Procure specializzate nel campo bancario e finanziario, escludendo la costituzione di una Procura nazionale ad hoc. Si prospetta, poi, un allargamento del tempo, da due a tre anni, dell’incompatibilità per i dirigenti addetti a organi di Vigilanza che intendano assumere impieghi presso soggetti direttamente o indirettamente vigilati, anche in questo caso badando bene a non creare sbarramenti che possano nuocere allo scambio di professionalità e di esperienze e senza lasciare privi di vincoli comparti che presentino situazioni di analoghe potenziali incompatibilità. Molte di queste proposte erano già presenti nel dibattito pubblico. Su queste colonne ne abbiamo scritto in abbondanza sempre sottolineando l’urgenza della riforma, alla quale, però, fin qui non si è voluto por mano dai diversi governi, alcuni dei quali hanno accampato la motivazione, questa per la verità in parte fiondata, di dovere attendere ancora gli sviluppi dell’analoga riforma in sede comunitaria, stante la simmetria che deve sussistere con la rivisitazione da poco avviata dell’architettura delle corrispondenti Authority europee. A queste proposte bisognerà aggiungere alcune, interessanti dei diversi gruppi. La palla passa, dunque, alle nuove Camere, come si è detto, che potrebbero anche istituire una nuova Commissione della specie la quale più agevolmente riprenda il lavoro sin qui compiuto, anche se bisogna fugare l’immagine di una inchiesta permanente con banche sotto continua investigazione. È importante, però, sin d’ora valutare se e come le proposte avanzate rafforzino la tutela del risparmiatore.
MF – Angelo De Mattia – 31/01/2018 pg. 6 ed. Nazionale.