Addio Etruria: inizia l’era Ubi Cambia tutto, anche l’Iban.

AREZZO La data da segnare sul calendario è il prossimo 26 novembre: da quel giorno Banca Etruria smetterà di esistere e verrà fusa in Ubi Banca. Sparirà il nome transitorio di Cassa Tirrenica, nata sulle ceneri di Nuova Banca Etruria, a sua volta sorta sulla vecchia Banca Etruria e sui suoi guai. Cambierà il sistema operativo e ci saranno alcune novità per i 200.000 clienti (privati e imprese) che, ad esempio, dovranno abituarsi ad avere un nuovo Iban e un nuovo logo sulla carta di credito. Soltanto un retaggio del passato potrebbe salvarsi: il marchio della fiorentina Banca Federico Del Vecchio, asset strategico e non intaccato dal danno reputazionale che ha travolto tutte le altre attività di Banca Etruria.

Il nuovo corso — premiato con il ritorno di correntisti ma che vedrà cambiamenti nel mercato dell’oro, da sempre strategico in Etruria — è stato presentato dal presidente di Banca Tirrenica e consigliere di gestione di Ubi Banca, Osvaldo Ranica, che ieri ha incontrato la stampa ad Arezzo insieme all’ad Silvano Ranella: «La Del Vecchio verrà incorporata in Ubi ma si sta valutando se mantenere vivo il marchio: decideremo entro il prossimo mese. Del Vecchio è un marchio storico e non vorremmo perderlo, ma forma e modo sono ancora da stabilire. Vorremmo comunque essere presenti in modo significativo in Toscana per la clientela private e top private».

Altra novità di rilievo è l’annunciata chiusura di Oro Trading, la società incaricata di comprare e vendere oro e argento: decisione presa perché, come ha spiegato l’ad Ranella, «non vogliamo sostituirci alle imprese del territorio che fanno questo lavoro, ma ad Arezzo resteranno tutte le altre attività legate all’oro, a partire dal prestito d’uso». È ancora sul tavolo della trattativa sindacale, invece, la definizione del perimetro delle attività che resteranno ad Arezzo: certamente non saranno qui né la direzione generale, come è stato per tutta l’epoca di Etruria, visto che il quartier generale di Ubi è a Bergamo, né la sede legale della macroarea che riunisce Toscana, Lazio e Marche (affidata alla guida di Silvano Ranella) che sarà a Roma.

Con il nuovo assetto successivo all’acquisizione di Etruria, Ubi avrà in Toscana una quota di mercato pari al 4,4% (6,9% nel Lazio e 10,5% in Umbria). A livello di macroarea sono 266 le filiali, 8 i centri imprese, due i centri esteri (uno dei quali ad Arezzo, soprattutto il virtù del fatto che da qui si esporta il 29% dell’oro a livello nazionale), 500 mila i clienti. Clienti che iniziano anche a tornare: il presidente Ranica ha affermato che l’emorragia di correntisti si è definitivamente fermata e 3.400 clienti della vecchia Etruria «che si erano rivolti ad altri istituti di credito sono stati recuperati». «Da una indagine sulla soddisfazione dei clienti — ha aggiunto il manager — è emersa una risalita di venti punti percentuali in pochi mesi: ancora non abbiamo raggiunto il livello medio del gruppo, ma è un’indicazione importante».

Tornando alla nuova organizzazione, in Toscana ci saranno tre direzioni territoriali, una a Firenze, una a Siena e una ad Arezzo, alle quali faranno capo 94 filiali. E la direzione di Arezzo è candidata ad ospitare alcune attività a servizio di tutto il gruppo. Solo 3 agenzie della vecchia Etruria saranno chiuse in Toscana, mentre il grosso delle 31 chiusure complessive previste dal piano industriale riguarderà le Marche per la fisiologica sovrapposizione dovuta all’acquisizione da parte di Ubi anche della Cassa Marche.

«Le chiusure — ha detto l’ad Ranella — riguardano filiali con due-tre dipendenti ciascuna, molto vicine ad altre agenzie del gruppo: l’impatto sulla vita dei lavoratori sarà minimo». Le uscite previste dal piano industriale che Ubi ha presentato in occasione dell’aumento di capitale da 400 milioni, varato per sostenere l’acquisto di tre delle quattro banche azzerate dal Governo quasi due anni fa, sono complessivamente 3.000 da qui al 2020: 532 riguardano le tre banche acquisite, ma si tratta di uscite assistite dalle garanzie del fondo esuberi, non di licenziamenti. In altre parole, nessuno verrà mandato a casa, come hanno sottolineato ieri i nuovi vertici.

Ed il legame con il territorio? «Il gruppo ha il legame con il territorio nel dna e intende mantenerlo anche in Toscana: vogliamo consolidare le linee operative che abbiamo negli altri territori sui quali siamo presenti — ha risposto Ranica — Ubi ha sede a Bergamo ma le sue articolazioni territoriali hanno grande autonomia, sia dal punto di vista operativo che di gestione del credito. Il 95% del deliberato è fatto sul territorio, con il 92% delle decisioni assunte dalle direzioni territoriali e il 3% a livello di macroarea». La ex Banca Etruria entra così a far parte di un gruppo che conta 3,6 milioni di clienti, 12,5 miliardi di crediti netti e 26 di raccolta. Con la promessa di mantenere autonomia e radicamento sul territorio.

Silvia Ognibene