l filosofo Era nato a Varazze nel 1923
di Giancristiano Desiderio
Se si leggono le prime righe dell’introduzione del novembre 1974 scritta da Vittorio Mathieu alla Critica della ragion pura sembra di essere davanti non solo al ritratto di Immanuel Kant, ma, fatte le dovute proporzioni, all’autoritratto del filosofo di Varazze (Savona), nato il 12 dicembre 1923 e scomparso ieri all’età di 96 anni: «A un genio che vive in provincia può accadere di impegnarsi in problemi che in una grande capitale nessuno prenderebbe più sul serio. Quale ingegno vivace a Parigi, a Londra o a Berlino, alla fine del Settecento avrebbe considerato come problema serio il problema della metafisica?».
Aveva 26 anni Mathieu quando nel 1949, tre anni dopo essersi laureato a Torino con Augusto Guzzo che lo scelse come assistente, pubblicava il saggio Limitazione qualitativa della conoscenza umana, al quale nel 1960 seguì il più maturo L’oggettività nella scienza e nella filosofia contemporanea. Proprio Kant, Bergson e Leibniz saranno i suoi autori di riferimento, con i quali metterà in luce un problema che in una grande capitale pochi avrebbero preso sul serio: i limiti della conoscenza scientifica, il suo fondamento e le altre forme di sapere dell’esperienza umana.
Vittorio Mathieu, che divenne libero docente nel 1956 insegnando Filosofia teoretica a Trieste e a Torino, è stato uno dei maggiori filosofi italiani del secondo Novecento, sia per gli studi storiografici sia per le idee speculative. Nel 1972 pubblicò La speranza nella rivoluzione (Rizzoli) in cui mostrava che la «mistica della rivoluzione» è un «delirio di onnipotenza» che non vuole cambiare qualcosa, ma rovesciare tutto. Il suo interesse per la politica lo spinse a fondare con Giuliano Urbani e altri studiosi — e, naturalmente, Silvio Berlusconi — Forza Italia e ad accettare la candidatura al Senato dove, però, non venne eletto. Ma uno degli amori costanti della vita di Mathieu è stato il pensiero di Goethe, al quale dedicò nel 1950 Faust e il disagio dell’uomo d’oggi (Edizioni di filosofia) e nel 2002, con Adelphi, il libro Goethe e il suo diavolo custode. L’attenzione per Goethe testimonia l’amore che Mathieu ebbe per l’Europa e, come amava dire, il suo «spirito d’avventura».