A SIENA E NON SOLO.

UN RINGHIOSO SPOIL SYSTEM

 

Roberto Barzanti

 

Il clima che si respira a Siena nel dopo-elezioni è sgradevole. Neppure la vigilia di una festa nella quale le rivalità alimentano la coscienza di appartenere ad un’amata «comunità di destino» sembra suscitare parole e gesti svincolati dai veleni della campagna elettorale. Il sindaco Luigi De Mossi va ripetendo che non si rende ancora ben conto dell’impresa condotta a termine con successo ed è impegnato a gestire le tensioni della sua composita coalizione applicando avveduti e alchimistici calcoli nell’attribuire compiti e ruoli. Nel Pd la sconfitta dà luogo a controversie interne e irate recriminazioni sulle responsabilità in riunioni lontane le mille miglia da ciò che ci sarebbe da fare. L’opinione pubblica si attende altro.

Quanto è accaduto a Siena deve essere inquadrato in un panorama nazionale piuttosto eloquente. Sarebbe ingenuo chiudersi entro le antiche mura e limitarsi a evocare fantasmi ed errori degli ultimi anni. Anche il mito, propagandato ad arte, di una Siena rossa quale inattaccabile caposaldo della sinistra in Toscana non regge ad una ravvicinata analisi. Il Comune di Siena ha subito tre cesure commissariali nel dopoguerra. E la sua guida è stata spesso in bilico tra l’alleanza delle sinistre e un’agguerrita opposizione moderata. Per quanto riguarda la scadenza del 10 giugno il Pd non ha saputo che pesci pigliare: incerto tra mettersi alla testa di un raggruppamento civico intenzionato a rafforzare la linea di rilancio avviata dalla giunta Valentini ed una battaglia pressoché solitaria, ha finito per affrontare il ballottaggio siglando il formale apparentamento con chi aveva svolto a lungo un’assidua, tenace e penetrante opposizione al governo municipale. Da molti la mossa è stata avvertita come una forzatura incomprensibile, anche se era l’unica carta da tentare. Chi ha la pazienza di leggersi il programma che ne stava alla base converrà nel dire che si tratta di un documento elaborato con onestà realistica e con attrezzata cognizione delle cose. E il contributo della lista «Per Siena» dell’ex sindaco Pierluigi Piccini vi aveva innestato apporti realistici e percorribili. L’elettorato non sceglie certo passando al vaglio i programmi. La parola d’ordine del cambiamento sbandierata dal centrodestra di De Mossi ha premiato una prospettiva vaga e seducente. Ora più che di un ringhioso spoil system ci sarebbe bisogno di proseguire quanto di positivo è stato conquistato, declinandolo secondo indirizzi scaturiti dal voto.

La lista del sindaco aveva un’intitolazione felice: «Voltiamo pagina». Parola d’ordine azzeccata. Ma non si potrà dimenticare che per voltar pagina è fondamentale appoggiarsi su un credibile ceto dirigente nuovo. È indispensabile aver compreso i capitoli precedenti di un libro che è quello: le parti da scrivere son bianche ma il volume riguarda pur sempre Siena. E le potenzialità sulle quali occorre far leva, come le finalità da valorizzare per una vera ripresa, non sono un mistero. Si tratta di chiarire metodi e impostazioni. Il Comune è chiamato a riprendere ambizioni restate in ombra. È o no attuale la concretizzazione di una Grande Siena che unisca i Comuni contermini? E il piano della mobilità sostenibile, rimasto nel cassetto, è da rivedere? E come? Che ne sarà del piano operativo che prefigura decisivi interventi infrastrutturali? L’alleanza produttiva tra città e campagna in quali forme deve strutturarsi? Il patrimonio artistico reclama o no un’autonomia di gestione che gli dia il rilievo internazionale che merita? Da ora in avanti sarà il caso di misurarsi su temi di questo respiro.