A lezione da Donatello una rivoluzione di capolavori

A Palazzo Strozzi e al Bargello la più grande monografica dedicata al padre del Rinascimento Opere in prestito da tutto il mondo
di Elisabetta Berti
Un volume di storia dell’arte che si squaderna davanti agli occhi del visitatore, per rendere chiaro, come forse non era mai stato fatto prima, la grandezza di Donatello. Annunciata da mesi come storica ed irripetibile – «una mostra così non c’è mai stata, né ci sarà mai più » ha detto il direttore Galansino – apre finalmente da domani tra Palazzo Strozzi e museo del Bargello “Donatello, il Rinascimento”, la più grande mostra monografica da centotrent’anni a questa parte dedicata al padre del Rinascimento. Preparata negli ultimi sette anni dal direttore generale della Fondazione Palazzo Strozzi Galansino insieme al direttore dei musei del Bargello Paola D’Agostino e con la curatela di Francesco Caglioti, storico dell’arte alla Normale di Pisa, la mostra vanta svariati primati: quella di realizzare un’inedita concentrazione a Firenze di opere dello scultore fiorentino – operazione non banale dal momento che in molti casi sono strettamente legate al luogo per il quale vennero create – e di aver dato vita ad una rete di collaborazioni senza precedenti, grazie alla quale sono state riunite centotrenta opere tra sculture, dipinti e disegni, provenienti dalla National gallery di Washington, dal Metropolitan di New York, dal Victoria and Albert museum di Londra, la National gallery di Londra, il Louvre, gli Staatliche museen di Berlino, il Kunsthistorisches di Vienna, e poi ancora dall’Italia gli Uffizi, la Basilica di Sant’Antonio a Padova e le fiorentine San Lorenzo, Santa Croce e Santa Maria Novella. In alcuni casi con prestiti mai concessi prima, in altri casi con prestiti “ storici”: per la prima volta dalla loro creazione seicento anni fa, sono infatti stati spostati dal loro contesto il “ Convito di Erode”, la “ Fede” e la “ Speranza” dal fonte battesimale di Siena, e le porte bronzee della Sagrestia vecchia di San Lorenzo, che sono anche alcune tra le molte opere restaurate proprio in occasione della mostra. Ma non è nei prestiti che si esaurisce la dimensione europea del progetto; dopo la chiusura a Firenze il 31 luglio, anche Berlino e Londra a cavallo tra 2022 e 2023 ospiteranno le rispettive mostre sull’artista, distinte ma complementari a questa. L’unicità di “Donatello, il Rinascimento” consiste però soprattutto nel rendere plasticamente evidente quanto lontano sia arrivato il cono di luce generato dalle sue idee innovative e dalle soluzioni figurative di rottura: il «terremoto Donatello», dice Caglioti nel catalogo della mostra edito da Marsilio, ebbe scosse di assestamento per generazioni fino a due secoli dopo. E di questo si rende conto attraverso l’esposizione, a fianco di Donatello, di opere di artisti contemporanei e successivi, debitori della sua lezione fino agli albori del Seicento: ci sono Brunelleschi, Masaccio, Mantegna, Filippo Lippi, Michelozzo, Giovanni Bellini, Andrea del Castagno, Desiderio da Settignano, Luca della Robbia, Paolo Uccello, Raffaello, Leonardo da Vinci e Michelangelo. Articolato secondo un criterio cronologico e tematico, diviso in quattordici sezioni tra le due sedi, il viaggio proposto al visitatore parte dagli esordi in dialogo con Brunelleschi – da manuale il confronto nella prima sala tra i due crocifissi lignei provenienti da Santa Croce e da Santa Maria Novella – e via via tocca tutti capitoli della sua instancabile originalità: il rilancio della terracotta, l’ascesa come autore di statue, il tema degli “spiritelli”, lo stiacciato, il lavoro a Prato e la lunga permanenza a Padova, l’ultimo grande cantiere in San Lorenzo; ma soprattutto l’uso rivoluzionario della prospettiva, non solo come illusione ottica, ma come strumento di pathos. L’umanità dei sorrisi, del dolore, del movimento, non era mai stata resa con tanta profondità prima di Donatello.
Il percorso prosegue al Bargello, dove la mostra è stata l’occasione per riallestire la sala di Donatello e mettere in evidenza le opere più iconiche: il San Giorgio di marmo, il Marzocco e il David bronzeo. Capolavori che saranno a confronto con gli affreschi staccati dalla villa di Legnaia di Andrea del Castagno, il David Martelli di Desiderio da Settignano in prestito da Washington, fino alla Madonna della scala di Michelangelo proveniente da Casa Buonarroti, a testimoniare l’influenza di Donatello perfino sul Buonarroti e la “ Maniera moderna”. Non ci sarà invece il David marmoreo, che ha lasciato il Bargello per la prima volta dall’Ottocento per raggiungere palazzo Strozzi. Del resto spostarsi e viaggiare sulle tracce di Donatello è una delle esplicite richieste che gli organizzatori fanno al visitatore: “Donatello in Toscana” è un itinerario attraverso sedici luoghi donatelliani, secondo un’idea di mostra diffusa, non solo a Firenze – Orsanmichele, Opera del Duomo, Palazzo Vecchio, museo Bardini ed altri – ma in tutta la regione, tra Arezzo, Pisa, Pontorme, Prato, Siena.
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