ROMA – Il giorno dopo il giuramento del Presidente Mattarella, e il suo discorso ai parlamentari interrotto da oltre 50 applausi, tutti i commenti si sono soffermati sull’agenda dettata dal Capo dello stato sulle cose da fare presto, perché di tempo ce n’è poco visto che nel 2023 ci saranno le elezioni politiche. Per il premier Mario Draghi da oggi si apre una nuova fase politica.
Certo, con Mattarella che a suo tempo lo ha chiamato a darci una raddrizzata e che continuerà a vigilare dall’alto Colle, le spalle sono coperte. Ma con i partiti che lo sostengono non sarà una passeggiata, perché gli interessi politici di parte non coincidono affatto con gli interessi generali, anzi. Ecco dunque che se un giorno sale il capo della Lega, Matteo Salvini, subito dopo al campanello si presenta Giuseppe Conte leader dei ‘grillini’ con la sua lista della spesa. Vero che Draghi ne ha viste tante, ma sempre da ‘tecnico’, in posti dove bisognava sì trattare ma poi dava gli ordine e tutti gli altri tecnici obbedivano. Stai fresco con i nostri politici, questi nemmeno obbediscono ai loro leader figuriamo se si piegheranno al ‘tecnico’ prestato alla politica. E mentre impazzano ancora i retroscena sui candidati bruciati mezz’ora dopo essere stati lanciati nell’arena, per quanto riguarda quelli che guardano più allo stato di salute del nostro sistema democratico beh non c’è da star tranquilli.
Il Presidente della Repubblica ieri ha chiamato direttamente in causa il Parlamento e i Partiti, che devono lavorare presto e bene per restringere il fossato che oggi separa le Istituzioni dai cittadini. Cittadini che, lo abbiamo visto in tutte le ultime elezioni, ormai sempre di più, con punte che sfiorano il 50%, se ne fregano delle urne e rimangono a casa. Sfiducia nella politica? Certo, visto come i politici l’hanno praticata in questi anni e la ‘qualità’ degli eletti decisi dai capipartito e capicorrente, alla fine è facile pensare che sia qualcosa che non ci riguarda, da cui stare alla larga.
Come ha pesato anche il vedere che di fronte alle difficoltà che man mano abbiamo incontrato, proprio i politici si sono dimostrati incapaci, ‘passando’ la palla del governo al Supertecnico di turno. Che bastonando nel mezzo alla fine hanno sì tamponato la falla del momento ma alla lunga aggravando la situazione certificata dalla crescita della povertà. Ed è proprio la metà del popolo che sta peggio che si allontana dal gioco democratico, mentre sono quelli che stanno meglio che ancora resistono. Ma quanto può durare?
Si capisce subito che se la metà della popolazione che sta peggio non è nemmeno politicamente rappresentata alla fine il rischio è che si arrivi a vedere votare una parte sempre più ristretta col serio rischio che la gran parte poi decida di passare a rappresentarsi da sola in forme lontane dalle regole democratiche, e a quel punto non basteranno mille e mille manganelli per riportare tutti sulla retta via. Qui sta la sfida delle sfide per chi ci rappresenta per ridare senso alla politica, per cercare di ricreare una forte fiducia nelle Istituzioni.