LA LEADERSHIP DEL CARROCCIO SENZA SPONDE TRA GLI ALLEATI

 

di Massimo Franco

 

La tenacia con la quale Matteo Salvini continua a presentarsi come federatore del centrodestra è encomiabile. Sia sul piano nazionale che a livello europeo gli alleati continuano a frustrare i suoi tentativi di leadership di coalizione. Il capo della Lega, tuttavia, non si rassegna. E cerca di vedere convergenze sulla manovra economica; sulla creazione di un gruppo sovranista continentale; e perfino sul voto al Quirinale.

Il compito è reso oggettivamente difficile dal fatto che mentre Carroccio e FI fanno parte della maggioranza di Mario Draghi, FdI con la sua leader Giorgia Meloni rimangono all’opposizione. Così, mentre ieri Salvini salutava «una bellissima giornata», perché Palazzo Chigi a suo avviso andava incontro alle richieste leghiste, Meloni minacciava un indurimento dei rapporti col premier.

Si tratta di una tensione che attraversa e divide lo schieramento. Salvini scommette sulla possibilità di trovare una posizione comune del centrodestra sulla manovra economica, una volta messi a punto tutti gli emendamenti. E annuncia che sarà lui «personalmente a chiedere a tutti gli attori del centrodestra di trovarci per avere una posizione comune». Ma è un ruolo da regista che fatica a essere riconosciuto.

La competizione elettorale con Fratelli d’Italia continua a farsi sentire. E nell’insistenza con la quale il vertice della Lega rivendica «il sacrificio» di governare si indovina la tentazione di giustificare la propria collocazione; e di arginare l’erosione dei consensi a destra. Salvini appare più occupato a inseguire le minoranze estreme, che FdI cerca di rappresentare contro Draghi, rispetto alla voglia di stabilità dei governatori regionali e dei ministri leghisti; oltre che del grosso del suo elettorato.

Difficile capire se questo produrrà un fronte unito quando a gennaio si dovrà scegliere il capo dello Stato. Secondo il leader della Lega, stavolta il centrodestra ha carte migliori da giocare rispetto al passato. Eppure non si capisce bene se esista davvero la volontà comune di appoggiare la candidatura di Silvio Berlusconi. Meloni appare a dir poco tiepida. E non si vede ancora un «piano B» da far scattare qualora, come è possibile, l’operazione fallisse.

E comunque rimane il buco nero delle alleanze europee. Anche lì, Salvini ha dovuto rinunciare per ora a organizzare un gruppo che riunisse tutte le destre. Ieri ha ammesso la frenata. Prima di azzardare un tour nelle capitali euroscettiche si dovrà aspettare che «i tempi maturino e vengano superati egoismi e paure». L’ostacolo è doppio. Riguarda sia Berlusconi, ancorato al Ppe; sia Meloni, che aderisce al gruppo dei conservatori e non vuole partecipare ad un’operazione ad alto rischio di isolamento.

 

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