Lega in retromarcia nelle metropoli tutti i numeri del sorpasso di Fdi
Il partito di Salvini è tornato alle percentuali di voto del 2016, quando però aveva radici solo nel Nord Fratelli d’Italia avanti a Torino, Bologna, Roma e vicini a Milano. Fontana: “Lasciati dalla maggioranza silenziosa”
di Matteo Pucciarelli
MILANO — La nuova Lega nazionale ha ingranato la retromarcia: le percentuali di voto di questa tornata si assestano attorno a quelle del 2016, quando però si chiamava ancora Lega Nord, la conversione sovranista non era del tutto compiuta e Forza Italia guidava la coalizione. Nel messo di questi cinque anni ci sono stati i picchi delle elezioni regionali del 2018 e poi soprattutto delle europee dell’anno dopo: numeri che rivisti ora aggiungono elementi alla sensazione di un consenso simile a un palloncino riempito di voti e che adesso si sta sgonfiando. I numeri sono lì e non mentono.
Su Milano il Carroccio riesce a fare addirittura peggio di cinque anni fa. Il filotto delle ultime quattro elezioni, nel voto cittadino, è: 11,8% nelle comunali 2016, poi 18 (regionali del 2018), 27,4 (europee 2019), infine 10,74. Bologna, stesso schema: 10,3, poi 21,9, poi 18,5, ieri l’altro 7,7 per cento. Nella Capitale: 2,7 per cento, 8,5, poi 25,8, adesso 5,9. Infine a Torino: 5,8, dopo 26,1, poi 26,9, per ultimo 9,84. La preoccupazione in via Bellerio aumenta se si guardano quegli stessi quattro numeri, grande città per grande città, ma relativi a Fratelli d’Italia: si parte da numeri bassi e elezione dopo elezione si cresce fino a superare ovunque la Lega (tranne che a Milano, con la fiamma tricolore comunque a un solo punto di distanza). «Forse bisognerà cambiare l’offerta al pubblico di idee, progetti e programmi, fare delle proposte più elevate e smetterla con i litigi continui, la gente si sta disamorando », commenta il presidente lombardo Attilio Fontana, un leghista mai troppo vicino alle esuberanze populiste. «Commercianti, piccoli imprenditori, dipendenti di aziende private: la famosa “maggioranza silenziosa” ci ha lasciato ed è rimasta a casa», ammette un salviniano doc e di peso in Lombardia come Gianmarco Senna.
Poi c’è, appunto, Matteo Salvini. «La politica dei piccoli passi e della presenza sul territori paga, e fra novembre e dicembre faremo tutti i congressi cittadini. Torneremo ad essere quel movimento di partecipazione e militanza, l’unico probabilmente rimasto in Italia», annuncia lui. Ad aprile ci sarà invece quello nazionale. Ma se si dice «torneremo » è un’ammissione che ad oggi la Lega non è così. Il nuovo partito leggero, cucito addosso al leader sin dalla denominazione “Lega per Salvini premier”, ha funzionato sull’onda del consenso mediatico, ora che quest’ultimo viene meno sta restando un guscio mezzo vuoto: quasi più niente feste, niente grandi raduni, Pontida annullata per due anni di fila, tutte le strutture territoriali commissariate. E il risultato eccolo qui.