Ogni realtà ha i suoi

Consulenze, assessorati, partecipate il riciclaggio dei politici disoccupati
di Sergio Rizzo
Può fare letteralmente miracoli, in questo Paese, la politica. Prendete uno come l’ingegnere grillino Filippo Nogarin. Che un bel giorno chiude lo studio, si candida a sindaco di Livorno e sbaraglia gli avversari nella ex roccaforte rossa della Toscana. Poi succede qualcosa. Non si ripresenta alle elezioni e a Livorno torna il centrosinistra. Racconta di essere diventato povero e che Luigi Di Maio gli ha fatto terra bruciata intorno. Proprio tutto però non si è bruciato, se prima il ministro dei Rapporti con il Parlamento Federico D’Incà gli dà un posto nel suo staff con 40 mila euro lordi l’anno e poi il 28 agosto Nogarin si becca un’altra consulenza da 27.730 euro lordi dal Comune di Roma. Lo pagano per fare da assistente a Gianni Lemmetti, ora assessore al Bilancio del Campidoglio, ma che in precedenza era stato suo assessore a Livorno.
Cose già viste in un sistema dei partiti dove nessuno del giro che conta deve restare mai a spasso, anche se dopo aver comandato deve rassegnarsi a prendere ordini. Ma il dettaglio potrebbe mettere in seria crisi la narrazione circa la purezza del Nuovo che avanza. Se non fosse che a contatto con il potere la presunta diversità, ahimé, è subito naufragata in certe deprecabili consuetudini. La prima e irrinunciabile: sistemare gli amici rimasti senza poltrona.
Il metodo più facile, un tempo, era piazzarli in una società pubblica. Non che adesso non accada: vedere alla voce “Trifone Altieri”. È un politico pugliese di Forza Italia, socio di una cooperativa micologica e già capo ufficio stampa di un sottosegretario alla Difesa. Dopo aver girovagato per la destra è rimasto folgorato da Matteo Salvini che l’ha candidato alle ultime politiche. Trombato, è stato ripagato con la presidenza di Invimit, la società che gestisce la dismissione del patrimonio immobiliare pubblico. Dai funghi al mattone di stato: un salto nell’iperspazio.
Tuttavia salti simili sono sempre più difficili. Ecco allora che si apre l’universo degli incarichi politici, non importa se di secondo o terzo livello: fondamentale è restare aggrappati a qualcosa. Meglio se con lo stipendio.
Non sia mai detto, per esempio, che la Lombardia abbandoni i propri figli. Lo sa bene Giacomo Stucchi. Ex pezzo da novanta della Lega Nord, parlamentare per ben 22 anni, era stato escluso dalle liste elettorali nel 2018 e sconfitto l’anno scorso da Giorgio Gori nella corsa a sindaco di Bergamo. Adesso fa il consulente del presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana. Meglio era andata ad Andrea Gibelli, ex presidente del consiglio regionale, assunto come segretario generale dalla giunta di Roberto Maroni. E due anni dopo eccolo presidente di Ferrovie Nord Milano al posto di Norberto Achille, travolto dallo scandalo delle spese pazze fatto scoppiare dal coraggioso dirigente Andrea Franzoso.
E la Sicilia? Ricordate il medico siciliano Domenico Scilipoti, eletto alla Camera nel 2008 con Antonio Di Pietro, che passò con Berlusconi salvando il suo governo? Ricompensato con un seggio in Senato, ha cercato di mantenerlo anche nel 2018. Se nza fortuna. Ora l’assessore alla salute della Regione siciliana lo ha accolto a braccia aperte. E così Scilipoti sarà consulente di Razza (Ruggero, l’assessore). Il suo collega senatore e medico Antonio Scavone, che nel 2018 aveva dovuto lasciare come Scilipoti il seggio di palazzo Madama, era tornato alla professione: capo della radiologia dell’ospedale catanese Garibaldi. Dove però è rimasto pochi mesi. Giusto il tempo per essere nominato assessore alla famiglia della giunta di Nello Musumeci. Che l’ha accolto così: «La sua solida esperienza parlamentare ci sarà di prezioso ausilio».
Già, l’esperienza. Parola che apre molte porte, per chi ha avuto incarichi politici importanti. Soprattutto negli enti locali. Tanto che per il governatore uscente della Toscana Enrico Rossi, come ha raccontato Claudio Tito su Repubblica , si parla di un incarico da assessore al Comune di Signa, 19 mila anime in Provincia di Firenze, mentre è ancora in carica.
E di certo è l’esperienza il fattore che ha indotto il ministro della Salute Roberto Speranza a ingaggiare come capo della segreteria politica Massimo Paolucci: ex eurodeputato del Pd traslocato a sinistra dopo la scissione, con perdita del seggio a Strasburgo.
Sempre l’esperienza, poi, deve aver condotto l’ex ministro della Pubblica istruzione Giuseppe Fioroni, trombato alle ultime politiche nel collegio uninominale di Viterbo (città della quale era stato addirittura sindaco) a occupare il posto di consigliere del ministro della Difesa Lorenzo Guerini.
Magari è il segno dei tempi. Però è un fatto che gli staff dei politici stanno diventando la valvola di sfogo più importante per gli stessi politici. In centro e in periferia. Già ora quelli dei consiglieri regionali sono pieni all’inverosimile di sindaci e amministratori locali che arrotondano lo stipendio. E magari a loro volta hanno uno staff. Come Roberta Gallo, vicepresidente del consiglio comunale e capogruppo di Forza Italia a Catanzaro che fa parte dello staff del presidente del Consiglio regionale calabrese Domenico Tallini, ed ha alle proprie dipendenze uno staff di tre persone. Per non parlare dei parenti. Ce ne sono a bizzeffe. Nell’elenco degli addetti alle segreterie politiche del Lazio non si fatica a incontrare nomi come quelli di Dario Antoniozzi, figlio dell’ex europarlamentare e assessore della giunta romana di Gianni Alemanno, nonché nipote dell’ex ministro Dc, Dario Antoniozzi. Oppure di Arianna Meloni, sorella della leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni e consorte di Francesco Lollobrigida, già assessore regionale con la giunta di Renata Polverini e ora capogruppo del partito alla Camera.
E dopo aver raccontato tutto questo, non resta che una domanda: cosa succederà se passerà il taglio dei parlamentari?
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