di Andrea Greco
MILANO — Monte dei Paschi è quella banca in cui i nodi arrivano due alla volta. Il primo è la decisione del cda di valutare, il 30 luglio, l’azione di responsabilità contro i passati vertici, da anni richiesta da alcuni soci e trascurata dal Tesoro, che dal 2017 ha il 68% delle quote. Il secondo riguarda la necessità di ulteriore capitale regolamentare: risulta da fonti finanziarie che la Bce abbia chiesto un rafforzamento patrimoniale di 700 milioni, per poter autorizzare lo scorporo di 8 miliardi nominali di crediti deteriorati al gestore pubblico Amco. Operazione in rampa da mesi, e necessaria per allineare la qualità del credito Mps al resto del settore e rendere di la banca, in teoria, “vendibile”, come da impegni di Roma con Bruxelles entro il 2021. Una nota Mps, il 29 giugno, già ammoniva che a fronte della cessione in corso il patrimonio primario “Cet1” sarebbe sceso dal 12,7% all’11,1% degli attivi di rischio ponderati: e senza contare i dati del primo semestre 2020, poco allegri. Il Tesoro, che tre anni fa dovette iniettare 7 miliardi (in gran parte bruciati in Borsa) per salvare la banca, si prepara dunque a un altro obolo di denaro pubblico: sempre il 30 luglio dovrebbe impegnarsi a versare i 700 milioni.
Questione ancor più annosa, l’azione di responsabilità contro i passati vertici del Monte (l’ex presidente Alessandro Profumo, oggi ad di Leonardo, e l’ex ad Fabrizio Viola), imputati a Milano con accuse di falso in bilancio e aggiotaggio (il pm a giugno ha chiesto di archiviare). Finora, ai caparbi rilievi di alcuni soci (specie Giuseppe Bivona, pure consulente per investitori esteri a Siena via Bluebell), ha fatto muro del Tesoro, che da azionista ha votato contro le richiesta di azione per danni in varie assemblee Mps (anche a maggio). Ma la vicina prescrizione di Alessandro Profumo – il 5 agosto cadono i cinque anni dal suo addio a Mps, ed è il termine massimo delle azioni civili – e il favore che l’idea trova nei M5s, sono fattori che hanno indotto almeno a esaminare il caso in cda.
Negli ultimi giorni aspri confronti sono intercorsi tra i palazzi del governo, gli esperti legali e i vertici Mps nominati a metà maggio. Un passaggio in cui proprio i Cinque Stelle hanno indicato, per la prima volta, la guida operativa della banca, scegliendo Guido Bastianini. Risulta che l’ex manager Carige vedrebbe con favore l’azione di responsabilità, e con lui un pugno di altri consiglieri espressi dai M5S. Sull’altro fronte c’è la presidente Patrizia Grieco e gli altri consiglieri scelti dal Pd, che ha nel Tesoro una delle roccaforti; in mezzo i tre consiglieri delle minoranze di mercato. L’esito dei 15 votanti si annuncia incerto. Anche perché, se da una parte c’è la
moral
suasion del primo azionista a difendere un gruppo di amministratori che già in passato hanno lavorato con e per i governi in carica sul dossier, dall’altra c’è il rischio che i nuovi amministratori siano chiamati a rispondere per inadempienze se in futuro, in caso di condanna definitiva per Profumo e Viola, la richiesta danni fosse prescritta (per Viola la data è settembre 2021). Né, cosa più sostanziale, se fosse impossibile impugnare o annullare i contratti in derivati accesi dalla gestione Mussari & Vigni con Nomura e Deutsche Bank per nascondere vecchie perdite, e che Profumo e Viola seguitarono a contabilizzare come Btp, e chiusero anzitempo pagando 900 milioni.