di Giuseppe Guzzetti
Guzzetti: i minori in povertà educativa dopo il Covid sono quasi raddoppiati. Dal 2016 c’è un programma di contrasto a questo fenomeno in drastica crescita
Il pregevole articolo di Ferruccio de Bortoli — «un progetto per il Paese basato sul capitale umano» — richiama l’attenzione sul problema sociale della formazione del capitale umano, sollecitando «una decisa lotta alla povertà educativa».
Questa piaga sociale, con la quale conviviamo da sempre, è inaccettabile per un Paese civile, perché nega il futuro ai nostri bambini. Infatti la povertà educativa infantile è la principale contribuente ad un’altra piaga, quella dei Neet, giovani che non studiano più, che non lavorano e che il lavoro neppure lo cercano perché sono privi di un minimo bagaglio educativo. In Italia i bambini in povertà educativa prima della pandemia erano 1.200.000 (Istat). Nelle scorse settimane questo dato è stato aggiornato e la platea si è allargata di un ulteriore milione. La proposta di Ferruccio de Bortoli è quindi molto tempestiva e merita il pieno appoggio. De Bortoli sollecita «grandi imprenditori italiani a: condividere un progetto a favore della crescita del capitale umano del proprio Paese». Dal 2016 in Italia si sta realizzando un programma di contrasto alla povertà educativa minorile, fenomeno drasticamente crescente, come conferma il dato sopra riferito, soprattutto al Sud, ma ben presente anche nelle aree più avanzate del Paese. A Milano i bambini in povertà assoluta erano circa 21.000 prima della crisi, ora sono certamente aumentati di molto.
La Fondazione Cariplo sta attuando un programma triennale di 25 milioni di euro, co-finanziato con alcuni enti privati (Intesa Sanpaolo Spa, Fondazione Vismara, Fondazione Fiera di Milano) e una raccolta tramite un bando pubblico. Nel triennio questa povertà dovrà essere estirpata. Nel 2015 l’Acri, Associazione delle Fondazioni di origine bancaria, ha raggiunto un accordo con il governo, concretizzato nella legge di stabilità 2015, che ha disposto la costituzione di un Fondo alimentato da un credito di imposta sugli utili delle Fondazioni e da risorse conferite direttamente dalle stesse per un importo complessivo nel triennio 2016- 2017-2018 di 360 milioni.
Il Fondo con minori risorse, per la riduzione del credito di imposta da parte del governo, è stato replicato per il triennio 2019-2020-2021. Questa esperienza potrebbe bene integrarsi con la proposta di Ferruccio de Bortoli. L’esperienza va segnalata per diversi aspetti, innovativi. Le risorse, sono risorse private con il concorso di un beneficio fiscale pubblico. L’attuazione delle scelte strategiche di utilizzo del Fondo sono definite da un Comitato di indirizzo strategico, presieduto da un delegato del Presidente del Consiglio dei ministri e tre delegati in rappresentanza dei ministeri competenti (Mef, Istruzione, Affari Sociali). Nel comitato siedono rappresentanti di Acri e del Terzo settore. Il tavolo è paritetico: ognuna delle tre componenti ha quattro membri.
Il capitale umano
Dalla formazione passa il futuro del Paese
gli imprenditori accolgano l’appello di de Bortoli
per creare quel capitale umano necessario all’Italia
L’attuazione è stata affidata alla Fondazione con il Sud — citata nell’articolo di de Bortoli. Questa Fondazione, fondata nel 2005 da Acri e Terzo settore, ha un’ottima reputazione dal punto di vista operativo ed un collaudato meccanismo di governance. L’impresa sociale «Con i bambini» interamente partecipata da Fondazione con il Sud gestisce la parte operativa. Il Terzo settore e la parte pubblica propongono e realizzano gli interventi del programma. In meno di quattro anni sono stati approvati 375 progetti, impegnati 228 milioni, coinvolte oltre 600 organizzazioni, per oltre il 90 per cento del Terzo settore. Il dato che conta è che sono stati tolti dalla povertà educativa oltre 450 minori in tutte le regioni di Italia. La novità di questa esperienza è che lo Stato ha deciso di fare un passo di lato, rinunciando alla gestione degli interventi, ma mantenendo un ruolo di orientamento strategico con Acri e Terzo settore e di controllo dei risultati conseguiti. In questo intervento tutto è pubblico: dalle scelte strategiche alle procedure di evidenza pubblica per la selezione dei progetti, alla trasparenza della comunicazione degli esiti dei bandi e delle valutazioni, dalla assunzione del personale alla scelta dei fornitori. Tutto ha una logica e una dimensione pubblica, ma senza i vincoli della burocrazia pubblica. Ai «grandi imprenditori», che mi auguro rispondano all’appello di Ferruccio de Bortoli, offro questa esperienza come strumento di attuazione di un grande progetto nazionale per estirpare la povertà educativa minorile e dare anche a questi minori un futuro sereno e di piena cittadinanza attiva. Al tavolo al quale fin qui si sono seduti governo, fondazioni, Terzo settore, auspico si siedano anche gli imprenditori italiani per dare concreta attuazione ad una collaborazione tra pubblico (Stato), privato sociale (Fondazioni più Terzo settore), mercato (imprenditori).
Nell’immediato e nei prossimi anni per affrontare l’enorme domanda sociale che sarà presente nel nostro Paese questa collaborazione sarà indispensabile perché lo Stato, da solo, non sarà in grado di farvi fronte né potrà continuare ad indebitarsi. D’altro canto è tempo di ricordarsi che le democrazie liberali occidentali nelle loro Costituzioni hanno fissato tre pilastri per una democrazia sana e forte: Stato, Mercato, Comunità/Privato sociale.
Tutti speriamo che nel prossimo futuro non facile si riesca a mantenere in Italia una forte coesione sociale, unica condizione perché la nostra democrazia si salvi dagli attacchi sovranisti e nazionalisti. C’è una condizione preliminare per salvarsi se lo Stato, la politica invertirà le priorità fin qui seguite. I problemi sociali non sono l’esito dello sviluppo economico ma la loro premessa; gli interventi welfare, di contrasto alla povertà, di formazione del capitale umano sono il presupposto dello sviluppo economico non il suo esito, non il loro effetto, come hanno cercato di farci credere per anni i cantori del mercato. È la lezione che ci porta il coronavirus e che dobbiamo raccogliere immediatamente.