A Torino dodici associazioni imprenditoriali avvertono il governo: la pazienza è al limite La richiesta di Boccia al premier: “Mettete i conti in ordine, sennò meglio le dimissioni”
paolo griseri,
Il momento di massima tensione, quello in cui scatta forte l’applauso e i fari della regia illuminano improvvisamente la folla seduta in platea è quando Vincenzo Boccia lancia l’aut aut a Palazzo Chigi: « Tra pensioni e reddito di cittadinanza la manovra ci costa 18 miliardi. Per evitare la procedura di infrazione l’Europa ci chiede di tagliarne 4. Conte convochi Salvini e Di Maio e dica loro: “ tagliate due miliardi a testa”. Se uno dei due non lo farà, secondo me il premier dovrebbe rivelarne il nome e poi dimettersi immediatamente » .
Era decenni che un presidente di Confindustria, sia pur al termine di una lunga serie di ipotetiche, non chiedeva le dimissioni dell’esecutivo. Ed era molto tempo che l’assemblea degli industriali italiani non applaudiva in modo entusiasta. La scena è abbastanza surreale. La sala è quella immensa delle Officine delle Grandi Riparazioni ferroviarie, quando si dice il destino. Un edificio di fine Ottocento noto a Torino per essere stato la culla della rivolta del pane dell’agosto 1917. Sbiadite fotografie in bianco e nero immortalano sotto i ponti di metallo le tute blu delle ferrovie, vera aristocrazia operaia novecentesca, arringate dall’anarchico Pietro Ferrero.
Il salto dal bianco e nero di un secolo fa al colore di oggi è impressionante. Nelle prime file i vertici delle associazioni degli imprenditori italiane, delegazioni venute dal Veneto, dalla Campania, dalla Sicilia. Per dire sì alla Torino- Lione « una metafora delle infrastrutture necessarie a questo Paese » , spiega Paolo Pininfarina, erede di una famiglia che ha reso famoso il design italiano nel mondo.
Perché attraversare l’Italia e venire qui a firmare simbolicamente un manifesto che chiede « di non bloccare le grandi opere, necessarie allo sviluppo del Paese » ?
Tra i 12 presidenti delle associazioni imprenditoriali italiane, il più toccato dalla politica degli stop è certamente il parmense Gabriele Buia, responsabile dell’Ance, l’associazione degli imprenditori delle costruzioni: «Non possiamo più proseguire con la politica dei blocchi. Abbiamo attualmente quasi 25 miliardi di lavori sospesi » . Tutti appesi alla valutazione costi/ benefici: « Diciamolo, non se ne può più di queste valutazioni che bloccano tutto » , sbotta la genovese Patrizia De Luise, presidente di Confesercenti. Buia ricorda che « ormai le imprese italiane sono costrette a cercare commesse principalmente all’estero » . E cita il caso della Cmc, costretta al concordato per le difficoltà in Italia.
Che cosa spera di ottenere la Pallacorda degli imprenditori italiani? Il messaggio implicito della sala è politico ed è rivolto naturalmente alla Lega, quella che soffre di più. Riservatamente molti dei presenti sperano che Salvini abbandoni la zavorra grillina, forte dei sondaggi. Ma in chiaro nessuno si azzarda a tanto. Dal palco Vincenzo Boccia avvisa però che « la nostra pazienza è ormai quasi al limite ». Il 65 per cento del Pil italiano è presente in sala e non sembra molto disposto a farsi dare la linea sulle infrastrutture dai centri sociali torinesi che ormai hanno egemonizzato la battaglia dei No tav.
In sala ci sono imprenditori come Marco Lavazza vicepresidente della società del caffè. È favorevole alle infrastrutture «perché favoriscono gli investimenti e migliorano la nostra possibilità di esportazione. Prenda il nostro caso: abbiamo due stabilimenti in Piemonte e uno in Francia, a Montpellier. Esportare facilmente all’estero significa anche garantire il lavoro delle fabbriche italiane » .
Il vicedirettore de La Stampa, Marco Zatterin, modera gli interventi e ricorda che « le associazioni presenti in questa sala rappresentano 3 milioni di imprese, 13 milioni di dipendenti e l’ 80 per cento dell’export italiano » . Riuscirà la Lega a ignorarli per onorare il patto con Di Maio?
In teoria dovrebbe essere molto difficile tornare indietro sulla Torino- Lione perché, come ricorda Giancarlo Gonella di Legacoop, « a questo punto costerebbe più fermarla che finirla » . Ma le cose non sono così semplici: « Incontreremo una delegazione di chi è favorevole alla Tav » , dice Di Maio in serata. Si sapeva già. L’incontro è fissato per domani con Conte, lo stesso Di Maio e Toninelli. Boccia lamenta che « il governo continua a considerare la Tav un problema locale di Torino » . In ogni caso l’incontro verrà prima della contro manifestazione No Tav di sabato, indetta per rispondere alla mobilitazione torinese di un mese fa in piazza Castello, quella egemonizzata dalla « madamine » anche oggi alle Ogr.
Che cosa avranno da offrire i ministri grillini ai loro interlocutori domani? Le indiscrezioni delle ultime ore parlano di un tentativo di Toninelli di convincere Bruxelles a concedere una dilazione all’Italia senza far scattare le penali. Il ministro dei trasporti ne avrebbe parlato ieri con la commissaria europea Violeta Bulc. Un modo per rinviare ancora alle calende greche, nella speranza di arrivare alle elezioni europee senza aver dovuto trangugiare il rospo della Tav dopo quello, già indigesto, del Tap. Bisognerà vedere che cosa risponderanno gli imprenditori e se anche la Francia è disposta ad accettare la nuova perdita di tempo.
Ma il malumore, catalizzato dal no alla nuova linea ferroviaria, è molto più profondo. Boccia lo dice senza giri di parole: « Basta con la campagna elettorale permanente, basta con politiche che fanno salire lo spread e penalizzano la nostra capacità di investimento. Torni il senso di responsabilità » . Su questo punto sarà arduo accontentare la Pallacorda di Torino. Più semplice fare la Tav.