Dal 29 aprile l’allestimento ai Musei Reali con 26 opere cinquecentesche tra le quali alcune del Parmigianino
Mentre la National Gallery di Londra dedica al grande Maestro dell’arte un attesissimo progetto espositivo, i Musei Reali lo celebrano con una preziosa mostra. Parliamo di Raffaello Sanzio (Urbino, 1483-Roma, 1520) artista simbolo del Rinascimento italiano e non solo. Il suo nome evoca opere celeberrime, dallo «Sposalizio della Vergine» alla «Madonna del Cardellino», dalla «Madonna del Belvedere» alle decorazioni della Stanza della Segnatura nei Palazzi Vaticani con gli affreschi «Scuola di Atene», «Disputa del Sacramento», «Parnaso» e «Virtù cardinali».
La mostra a Torino, dal 29 aprile al 17 luglio, s’intitola «Nel segno di Raffaello», ed è incentrata su circa settant’anni di storia del disegno italiano. Notissime sono le sue Madonne e i ritratti che eseguì per Papi e cardinali. Ma chi era questo ragazzo prodigioso?
Era figlio di un pittore, Giovanni Santi, noto nell’Urbino del ‘400. Nato quindi «con i pennelli in mano», iniziò a dipingere poco più che adolescente cercando di trovare un proprio stile che rompesse completamente con i canoni medievali. A soli venticinque anni Giulio II gli affidò l’immensa opera pittorica dell’intera Stanza della Segnatura (famoso è l’aneddoto secondo il quale ne «La Scuola di Atene» aggiunse tra i personaggi rappresentati Michelangelo dopo averne sbirciato il capolavoro realizzato per la Sistina). Purtroppo la sua precoce scomparsa, avvolta ancora nel mistero, a soli trentasette anni, lasciò sgomenta la società del tempo e un grande interrogativo su quali altri capolavori avrebbe potuto produrre la sua mano.
L’allestimento ai Musei Reali è dunque il risultato di un progetto di studio e catalogazione di disegni riconducibili alla cerchia attorno a Raffaello della Biblioteca Reale, affidato ad Angelamaria Aceto, ricercatrice dell’Ashmolean Museum di Oxford, il percorso si snoda attraverso tre momenti.
Il primo, dedicato al Perugino e alla formazione di Raffaello in Umbria, presenta composizioni del maestro di Sanzio, meritevole di trasmette ai suoi allievi il valore della pratica disegnativa. Studio delle proporzioni e della prospettiva emergono nella sua elegante opera «Due uomini in conversazione», per citarne una, che riprende un affresco della Cappella Sistina.
La seconda sezione si concentra sugli anni romani, quelli del grande successo dell’urbinate (1520-23) e che vedono i suoi allievi maturare artisticamente. Tra questi (tra cui si ricordano Polidoro da Caravaggio, Perino del Vaga e Baldassarre Peruzzi) c’è anche il talentuoso Giulio Romano. È suo il disegno composto a penna: «Matrimonio mistico di Santa Caterina con Santi» che riprende la tradizionale iconografia di questo sposalizio con Gesù bambino che porge alla giovane Caterina d’Alessandria un anello nuziale. La terza area tematica proietta lo spettatore nella Roma di Clemente VII, città che attira artisti da ogni dove. Il giovane Parmigianino, per citarne uno, anch’egli sedotto dall’opera di Raffaello, cambia radicalmente la sua arte. Nella carta «Sacra Famiglia con San Giovanni Battista e Santa Elisabetta (o Sant’Anna)» richiama chiaramente la «Madonna del Divino Amore» di Sanzio sia nell’invenzione compositiva che nel tipo d’interazione affettuosa tra i personaggi della scena.