Sei anni e dieci mesi (9 in primo grado) all’ex senatore anche per i contributi al giornale
Antonella Mollica
Uno sconto di pena di quasi due anni rispetto al primo grado (nove anni) ma pur sempre una stangata. Per il crac del Credito Cooperativo di Campi Bisenzio e per i contributi al Giornale della Toscana l’ex senatore di Forza Italia Denis Verdini è stato condannato in Appello a sei anni e dieci mesi. Al momento della lettura del dispositivo, alle 13 in punto così come aveva annunciato la presidente, l’ex parlamentare non era in aula. Verdini, dopo aver ascoltato ieri mattina le ultime repliche del suo legale, l’avvocato Ester Molinaro dello studio Franco Coppi, ha preferito tornare a casa anche per evitare l’assedio delle telecamere.
Presente invece Riccardo Fusi, ex patron del gruppo Baldassini Tognozzi, principale cliente della banca guidata per vent’anni da Verdini. A lui e all’ex socio Roberto Bartolomei i giudici, così come richiesto dai pg Fabio Origlio e Luciana Singlitico, hanno aumentato la pena rispetto al primo grado di quattro mesi (entrambi sono stati condannati a 5 anni e 10 mesi). I legali di Verdini e di Fusi (gli avvocati Sandro Traversi e Sara Gennai) hanno annunciato ricorso in Cassazione.
La Corte presieduta da Paola Masi ha scontato le pene per truffa all’editoria per effetto della prescrizione che ha «cancellato» i contributi concessi al giornale negli anni 2008 e 2009, «salvando» invece gli anni 2010 e 2011. Sono state ridotte le pene per l’ex deputato Massimo Parisi, amministratore di fatto della Ste, la società che pubblicava il Giornale della Toscana , condannato a un anno e cinque mesi (due anni e mezzo in primo grado), per Girolamo Strozzi (otto mesi e quindici giorni) e Pierluigi Picerno (9 mesi e 15 giorni). La Corte d’appello ha poi accolto patteggiamenti per l’ex direttore generale Pietro Italo Biagini a 3 anni e 10 mesi (in primo grado aveva avuto 6 anni per bancarotta fraudolenta) e per numerosi membri del cda e del collegio dei revisori dei conti a 1 anno e 8 mesi.
La settimana scorsa, nella penultima udienza del processo, Verdini aveva parlato in aula e si era lasciato andare alla commozione: «L’atto di accusa mi fa tremare i polsi — aveva detto davanti ai giudici — Ho dato tutto e ho speso tutta la mia vita per quella banca».
In primo grado i pm avevano sostenuto che Verdini «utilizzava il Credito Cooperativo come un bancomat». La Corte presieduta da Mario Profeta nel marzo 2017 lo aveva condannato a nove anni. Nel processo d’ Appello il sostituto procuratore generale Origlio ha puntato il dito sulla «grave violazione dei limiti sulla “concentrazione dei rischi” con riguardo al gruppo Fusi Bartolomei. Verdini — ha detto — ha erogato finanziamenti vari alle società di Fusi pur sapendo della grave crisi finanziaria che le stava investendo e ha erogato credito a se stesso e agli amici in violazione delle regole bancarie, pur consapevole dell’estremo rischio di insolvenza. Verdini — aveva concluso Origlio — aveva un interesse proprio nell’erogazione del credito e ha tratto un vantaggio diretto economico in numerose operazioni».
Alla fine della requisitoria i magistrati della Procura generale avevano chiesto per Verdini una condanna a otto anni, contestando anche l’accusa di associazione per delinquere per il quale era stato assolto in primo grado. Richiesta che anche la Corte d’Appello non ha accolto. Entro novanta giorni arriveranno le motivazioni della sentenza.
Fonte: corriere fiorentino, https://corrierefiorentino.corriere.it/