Una tecnologia che ci ferisce

Rivoluzione digitale. L’ultimo saggio di Luciano Floridi è un appassionato manifesto per una filosofia dell’informazione in un mondo dove l’uomo ha perso la sua centralità

Le tecnologie non sono più quelle di una volta… C’è una differenza sostanziale fra la ruota o il motore e le tecnologie digitali. È fondamentale riconoscerla. Senz’altro, è messa bene a fuoco da Luciano Floridi, nel suo ultimo saggio Pensare l’infosfera, che è l’appassionato manifesto di una filosofia dell’informazione. Le tecnologie dell’informazione non incidono solo sul modo in cui interagiamo con il mondo. Incidono sulla trasformazione e sulla modificazione degli ambienti in cui pensiamo e viviamo. E danno forma al modo in cui conosciamo il mondo. Hanno una portata ontologica, «modificano la natura intrinseca di ciò che toccano».

È una rivoluzione. Floridi l’ha definita la quarta rivoluzione, che è anche il titolo di una suo precedente libro. A suggerire questa definizione concorre il riferimento al modo in cui Sigmund Freud, in un suo celebre scritto (Una difficoltà della psicoanalisi), interpretò il senso delle conseguenze di tre profonde «ferite» che la conoscenza scientifica moderna aveva inferto al narcisismo umano. Ne parlò come di altrettante rivoluzioni nelle immagini con cui gli esseri umani hanno pensato il loro posto nel cosmo e quindi il senso della loro identità: la rivoluzione dovuta alle scoperte di Niccolò Copernico, che diede inizio alla trasformazione degli esseri umani da abitanti del centro del cosmo in abitanti di un piccolo pianeta di periferia all’interno di una galassia altrettanto periferica; la rivoluzione dovuta alle scoperte di Charles Darwin, che trasformò la specie umana da punto climattico del disegno del creatore nell’esito contingente e recente di un’evoluzione dalle molteplici ramificazioni; la rivoluzione dovuta alle scoperte dello stesso Freud, che sottraevano alla coscienza dell’uomo il controllo e il potere sull’insieme della sua vita psichica: l’uomo non è padrone nemmeno a casa sua.

Alan Turing è stato all’origine della quarta rivoluzione, la rivoluzione informatica, che a sua volta ha mutato radicalmente il nostro modo di essere e di concepirci nel mondo, e che ci ha reso abitanti di un ambiente globale fatto di informazioni, da Floridi chiamato Infosfera. Questa rivoluzione è una nuova ferita al narcisismo umano, alla sua presunzione di controllare e prevedere i suoi artefatti.

Le tecnologie digitali sviluppano una sempre maggiore autonomia, e sempre più controllano e prevedono gli stessi comportamenti, e desideri, umani. Le tecnologie digitali vivono e si sviluppano in autonomia anche rispetto alla scienza stessa. In certo senso, si autogenerano. La loro evoluzione è paragonabile, per alcuni versi, all’evoluzione biologica, che avviene per rapida proliferazione di alternative. Evolvono passo dopo passo, con una miriade di prodotti disordinati e scollegati. La materia intelligente, le biotecnologie, le simulazioni e i mondi immaginari prodotti dall’evoluzione del software e dalle avanzate capacità di calcolo dei computer, gli automi, gli avatar e gli agenti intelligenti stanno entrando nei paesaggi della vita quotidiana senza che quasi siano disponibili teorie in grado di prefigurare possibilità, limiti e conseguenze dei loro sviluppi.

Le tecnologie digitali generano orizzonti inediti. La loro dinamicità si riflette nella loro estrema pervasività, che trasforma le forme della vita quotidiana, i comportamenti individuali e sociali, la produzione, la trasmissione e l’apprendimento delle conoscenze, i modi in cui interpretiamo il mondo. È da esse che ormai dipende il nostro modo osservare le cose, e il nostro modo di guardare a noi stessi: il nostro rapporto con la natura e con il cosmo; la nostra identità di individui e la nostra identità di specie; il modo di concepire il cervello e la mente; il modo di vivere e di comunicare; la politica e l’economia; i sentimenti e le passioni…

Tutto ciò obbliga, come argomenta in modo molto articolato Floridi, di aggiornare i classici problemi filosofici, cioè i problemi che riguardano l’identità personale, la natura della conoscenza, i diritti fondamentali, e così via. Tutto ciò obbliga anche a formulare nuovi tipi di problemi filosofici, per esempio quello della natura dell’informazione, quello del potere nella società dell’informazione, quello della libertà in rapporto alla capacità di previsione dei sistemi dell’intelligenza artificiale.

La rivoluzione dell’informazione e della comunicazione ha messo in crisi alcuni presupposti dell’etica moderna, centrata sull’idea che la condizione umana fosse stabile e che i fini e le conseguenze dell’agire etico fossero prossimi, nello spazio e nel tempo, all’atto stesso e quindi prevedibili e controllabili. L’intervento tecnologico, sempre più estesamente bio-tecnologico, è giunto non solo a toccare l’identità umana, ma anche a metterne in discussione la stabilità evolutiva. Le conseguenze dell’agire tecnologico, difficili da prevedere, si dilatano nello spazio e nel tempo. E ciò chiede di riformulare il senso e l’estensione della nostra responsabilità.

In questo orizzonte, per Floridi, la filosofia ha un compito etico, e deve essere ridefinita a partire dalla prospettiva del design. «Il mondo stesso – scrive l’autore – ha fortemente bisogno di conoscenza filosofica e di disegnare nuove idee. La filosofia è necessaria per creare le nostre società dell’informazione, per dare forma ai nuovi ambienti digitali in cui milioni di persone trascorrono sempre più tempo e, in ultima istanza, per ripensare ciò che mi piace definire progetto umano». Questa filosofia rigenerata avrebbe come compito quello di delineare l’orizzonte problematico e progettuale di un ambientalismo etico digitale.

Pensare l’infosfera significa dunque ripensare la pratica e la metodologia della filosofia, impegnandola a uscire dall’accademismo, per tornare a occuparsi dei problemi fondamentali del nostro tempo e delle radicali trasformazioni nella nostra comprensione del mondo e di noi stessi. Ciò richiede, per Floridi, che la filosofia abbandoni ogni tentativo di fondazione metafisica assolutistica, e si volga «a porre le domande giuste, in modo da avere risposte rilevanti e significative». E ciò richiederà, aggiungo, di elaborare una filosofia della complessità capace di superare la frammentazione dei saperi, che oggi è il più ingombrante e inedito ostacolo alla formulazione dei vecchi e dei nuovi problemi filosofici e all’autocomprensione antropologica nel tempo dell’umanità planetaria.

 

Pensare l’infosfera

Luciano Floridi

Raffaello Cortina, Milano,

pagg. 152, € 16

 

Mauro Ceruti

A Milano. L’uomo oceanico di Arturo Martini (1929), nell’ambito della mostra Novecento privato da de Chirico a Vedova alla Galleria Bottega Antica, fino al 28 febbraio