Una scommessa tutta elettorale pagata con la moneta dell’isolamento.

IL PUNTO
La sfida al Quirinale (e a Draghi) provoca la più grave frattura nel Pd dopo la scissione Il rischio della lacerazione istituzionale CAPITA di rado che un’iniziativa parlamentare del partito di maggioranza susciti un tale coro di critiche e voci contrarie nei palazzi romani. Questa volta è successo: la mozione del Pd contro il governatore della Banca d’Italia passerà alla storia come un gesto di singolare autolesionismo il cui risultato è l’isolamento del segretario Renzi. La sfida al Quirinale – perché di questo si è trattato – si unisce alla delegittimazione del presidente del Consiglio (l’uomo che cinque giorni fa celebrava il decennale del Pd con aria non troppo gioiosa). Ed è evidente che sullo sfondo s’intravede il profilo di Draghi: destabilizzare la Banca d’Italia oggi significa indebolire l’Italia in Europa e di conseguenza creare problemi inediti al presidente della Bce in un passaggio molto delicato.
Era chiaro questo scenario agli estensori della mozione o tutto è avvenuto con eccesso di leggerezza, fra una stazione e l’altra del treno dei desideri? Difficile dirlo. Sta di fatto che ieri Renzi ha insistito. Ha parlato in prima persona con toni determinati, lasciando intendere che il Pd è favorevole ad “aprire una pagina nuova” a Palazzo Koch e non vuole condividere la responsabilità politica della riconferma di Visco. Significa che al leader del Pd interessa solo il dividendo elettorale dell’operazione. Se il governatore verrà riconfermato, come è probabile, sarà per decisione esclusiva di Mattarella e Gentiloni.
Dal canto suo, Renzi ritiene di aver tagliato l’erba sotto i piedi dei Cinque Stelle, che si preparavano a fare la campagna fino a marzo sul tema delle banche fallite e dei risparmiatori truffati. Avendo scaricato tutto sulla banca centrale, il segretario pensa di essersi conquistato una forma di immunità rispetto ai risentimenti popolari di cui ha già fatto esperienza in giro per l’Italia.
Che il piano riesca, è tutto da vedere. Intanto c’è da domandarsi se il gioco valga la candela. Il Partito Democratico ne esce a pezzi. Da Veltroni a Zanda fino a un indipendente come Calenda, autorevole ministro in carica, il fronte a difesa del Quirinale e della Banca d’Italia, quasi in simbiosi istituzionale, si è pronunciato con un’asprezza inequivoca. E anche questo è interessante perché nessuno usa simili accenti per criticare Renzi in pubblico, esclusi gli scissionisti e qualche isolato dissidente. Invece stavolta tutti condividono il giudizio di Giorgio Napolitano sulla “deplorevole” iniziativa parlamentare. Gli stessi esponenti di Forza Italia hanno tenuto una linea molto prudente.
ORA cosa può succedere? Lo scossone è talmente forte da suscitare parecchi interrogativi sul prossimo futuro. Ma a questo punto Ignazio Visco dovrà essere confermato nella carica proprio per non accentuare il rischio di lacerazioni istituzionali. Anzi, Mattarella e Gentiloni dovranno decidere con una certa urgenza per non dare adito a ulteriori speculazioni: politiche, sul piano interno, e magari finanziarie sul teatro internazionale. Del resto, per capire fino a che punto sono gravi le falle nella vigilanza bancaria, esiste – appena costituita – la commissione d’inchiesta presieduta da Casini. È curioso (ma non troppo) che Renzi, dopo averla voluta composta così com’è, preferisca saltarla a piedi pari emettendo una sorta di verdetto preventivo di colpevolezza per la Banca e il suo governatore.
In realtà il segretario del Pd non può fare altro che andare avanti a testa bassa. Avendo fatto saltare tanti ponti persino all’interno del suo partito – basti ricordare che c’era anche Veltroni sul palco del decennale, pochi giorni fa – oggi Renzi può rivolgersi solo al suo pubblico, all’elettorato che incontra sulla scaletta del treno. E a cui può dire, avendo appena promesso di evitare il populismo: “meglio un’ora con voi che una settimana in Parlamento”. Beninteso, deve essere capace di convincere questo piccolo mondo che lui, il segretario, è esente da colpe sulle banche. Tutte: dalle venete alla fatidica Etruria.
Infatti è colpa di Bankitalia. Come dire che la rincorsa dei Cinque Stelle è cominciata. Ne deriva una tensione istituzionale e politica destinata a non risolversi facilmente. Sarà una campagna dura e imprevedibile. Con la variabile Sicilia come possibile spartiacque.
La Repubblica
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