Una lobby di Paesi inquinatori per «annacquare» la Cop26

«Una fuga di documenti rivela che alcune nazioni stanno facendo pressioni per cambiare un rapporto chiave sul clima» titolava ieri mattina Bbc News. A dieci giorni dall’avvio della Conferenza Onu sul clima, la Cop26 di Glasgow, Greenpeace UK ha offerto un gigantesco scoop ai giornalisti della principale emittente pubblica del mondo, passando loro oltre 32.000 osservazioni presentate da governi ma anche da aziende e da altre parti interessate al team di scienziati che compilano il rapporto delle Nazioni unite progettato per riunire le migliori prove scientifiche su come affrontare il cambiamento climatico.

L’analisi dei documenti mostra infatti che alcuni Paesi – e tra questi ci sono senz’altro Brasile, Argentina, Australia, Giappone, Arabia Saudita e altri Stati membri dell’Opec, l’organizzazione dei produttori di petrolio – starebbero cercando di «annacquare» il prossimo rapporto dell’Ipcc, il Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico nato nel 1988 e Nobel per la Pace nel 2007. In particolare, si vorrebbe arrivare ad eliminare o indebolire la parte conclusiva del report, che afferma (ma non è una novità) che per contenere l’innalzamento delle temperature medie globali entro 1,5° – seguendo la traiettoria tracciata dopo la firma dell’Accordo di Parigi, ormai sei anni fa – dovremmo rapidamente cessare l’estrazione di fonti fossili come carbone, petrolio e gas.

Eppure, chi a parole lotta contro il cambiamento climatico nella pratica fa altro: secondo un consigliere del ministero del petrolio saudita, frasi come «la necessità di azioni di mitigazione urgenti e accelerate a tutte le scale…» dovrebbero essere eliminate. Un alto funzionario del governo australiano, invece, rifiuta la conclusione che la chiusura delle centrali a carbone, uno degli obiettivi dichiarati della Cop26, sia necessaria. Va da se che l’Arabia Saudita è uno dei più grandi produttori di petrolio del mondo e l’Australia è un grande esportatore di carbone. L’Istituto centrale indiano per la ricerca di minerali e combustibili avverte che il carbone rimarrà probabilmente il pilastro della produzione di energia per decenni.

E l’India è il secondo maggior consumatore di carbone al mondo. Se si vanno a toccare altri aspetti collegati al climate change, il tenore dei messaggi non cambia: il Brasile e l’Argentina, due dei più grandi produttori di prodotti a base di carne e di colture per l’alimentazione animale nel mondo (come la soia), si oppongono alla richieste di una dieta verde, il cui pilastro è la riduzione del consumo di carne. Dalla Svizzera arrivano commenti per modificare le parti del rapporto che sostengono che i Paesi in via di sviluppo avranno bisogno del sostegno, in particolare finanziario, dei Paesi ricchi. Alcuni Paesi dell’Europa dell’Est, come Repubblica Ceca, Polonia e Slovacchia, sostengono che la relazione manca della necessaria apertura sul ruolo che l’energia nucleare può giocare nel raggiungimento degli obiettivi sul clima, mentre l’India va oltre e sostiene un «pregiudizio» contro il nucleare.

E dato che la tecnologia sarebbe la risposta, Arabia Saudita, Cina, Australia, Giappone e Opec – grandi produttori o utenti di combustibili fossili – sostengono la cattura e lo stoccaggio del carbonio (CCS). Invitano, cioè, a non ridurre le emissioni, a patto di poterle nascondere sottoterra. Una non soluzione. «Questo incontro di Glasgow è un momento vitale in cui i governi devono essere coraggiosi» ha detto Jennifer Morgan, direttore esecutivo di Greenpeace International, intervistata da The Associated Press. «Lavorare dietro le quinte per cercare di cancellare la letteratura scientifica per me mostra solo la misura in cui stanno cercando di fermare tutti i progressi o qualsiasi progresso possibile per risolvere la crisi del clima» ha aggiunto.

L’azione di pressione, ha spiegato Morgan, è guidata dalle grandi imprese, alcune delle quali parteciperanno ai lavori della Cop26 accompagnando le delegazioni governative. «Un piccolo gruppo di Paesi – sottolinea Morgan – continua a mettere i profitti di poche aziende davanti agli interessi di tutte le persone», e «invece di eliminare gradualmente la produzione di fonti fossili e gli insostenibili allevamenti intensivi, continuano a usare ogni occasione per proteggere gli interessi di pochi, mentre il Pianeta brucia. Tutto questo, mentre continuano a reclamizzare soluzioni fasulle come la cattura e lo stoccaggio sotterraneo della CO2» sottolinea Greenpeace. «Ci sarà un grande sforzo di greenwashing a Glasgow e deve essere riconosciuto» ha concluso Morgan.

Oggi intanto i giovani di Fridays for future scendono di nuovo in piazza per il clima, un altro sciopero in vista di Cop 26 che tra pochi giorni comincia a Glasgow, in Scozia, tra le defezioni annunciate di diversi leader dei paesi tra l’altro più inquinatori del Pianeta.

 

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