Di Massimo Franco
I veleni che continuano a scorrere dentro il , e non solo, non saranno smaltiti presto. L’irrigidimento delle minoranze nei confronti di Matteo Renzi non sembra destinato a produrre uno sbocco: anche perché gli obiettivi degli avversari del premier appaiono eterogenei. C’è chi tenta un aggancio con il vertice del partito, proponendo uno scambio tra il «sì» alla riforma elettorale e una modifica della riforma del Senato: anche perché si tratta di un mutamento istituzionale che sottovoce molti definiscono pasticciato. Ma nessuno è in grado di capire se Palazzo Chigi accetterà una mediazione o andrà avanti come sempre. Il premier è convinto che l’ Italicum sarà approvato prima dell’estate, senza o con la richiesta di fiducia; che i «no» alla fine saranno pochi; e che a quel punto la possibilità di minacciare il voto anticipato sarà ancora più concreta. Le incognite sono altre, e tutte esterne: per questo impensieriscono Renzi. Riguardano un andamento altalenante dell’economia, rischioso per un governo che esalta ogni piccolo segnale di ripresa; e inchieste giudiziarie nelle quali rimangono impigliati dovunque dirigenti del Pd. Sta emergendo una tentazione preoccupante: quella di agganciare la magistratura per mettere in mora gli avversari. È come se la fine del dialogo politico spingesse a estendere il conflitto sul piano giudiziario. È istruttivo quanto è avvenuto ieri. Il vicepresidente della Camera, Luigi Di Maio, del Movimento 5 Stelle, ha annunciato per oggi un incontro a Napoli col magistrato che indaga sullo scandalo delle tangenti a Ischia: quello che ha portato alle dimissioni del sindaco. Nel pomeriggio, al Senato, è avvenuto un episodio a parti invertite. Il presidente, Pietro Grasso, anche su pressione dei capigruppo ha fermato una denuncia di alcuni esponenti della maggioranza contro i senatori del M5S, accusati di avere bloccato i lavori. «Ho scritto al procuratore della Repubblica per affermare il difetto assoluto di giurisdizione della magistratura ordinaria sui comportamenti dei senatori nell’esercizio delle loro funzioni», ha spiegato, evitando un altro focolaio di tensioni. Ma i rapporti sono quasi fuori controllo. Lo scontro in Parlamento porta i partiti a mettere in mora gli avversari con ogni mezzo. Il problema è se e come questa deriva peserà sulle regionali di fine maggio: anche se proprio ieri il Senato ha approvato, seppure con numeri risicati, la legge anticorruzione. È chiaro che un risultato elettorale in chiaroscuro accentuerebbe lo scontro; e porrebbe nuovi ostacoli alle riforme. Il timore inconfessato dei vertici del Pd è di perdere Liguria e Marche, roccaforti storiche del centrosinistra. Per questo, in modo un po’ prematuro, si ricomincia a parlare di voto anticipato nel 2016. In realtà, nessuno è in grado di prevedere che cosa avverrà di qui all’estate.