Le Regionali
di Roberto Barzanti
Sale la temperatura oratoria nei dibattiti in vista delle imminenti elezioni regionali. Tuttavia, anche per le prudenziali misure imposte dalla pandemia in corso, i gradi della febbre — parola da usare con parsimonia! — non sono percepibili come di norma. E sì che la posta in gioco in Toscana è piuttosto elevata e può avere indirette conseguenze nazionali. In Italia si vota sempre per qualcos’altro. Gli argomenti — o gli improperi — della propaganda oscillano in base alle curve dei sondaggi. L’area degli elettori dubbiosi non sta decrescendo, soprattutto in merito al sì e al no del quarto referendum confermativo, di certo il più bislacco e incongruo. Per il rinnovo di presidenza e consiglio della Regione sono in lizza due coalizioni e cinque liste singole. I capolista son dunque sette e ognuno cerca di interpretare gli umori del gruppo che guida. Per chi se la deve vedere con più formazioni non è agevole semplificare i programmi e renderli comprensibili. Votar bisogna, e i mal di pancia e le ambiguità si sprecano. Non sarebbe male che il poco tempo residuo di qui al voto fosse utilizzato per chiarire con pacatezza intenzioni e obiettivi. Susanna Ceccardi ha stemperato la focosità iniziale e Salvini si affanna a dire che il voto concerne il futuro dei toscani con l’evidente volontà di rassicurare depoliticizzandone l’incidenza sulle sorti del governo nazionale, ma resta il fatto che strettamente si corrispondono le relazioni tra il risultato toscano e il più alto ordine istituzionale.
Sono iscritte all’ordine del giorno urgenti opzioni che investono problemi cruciali e coinvolgono l’Ue sia per l’impiego delle risorse a diposizione sia per l’utilizzo o meno del meccanismo europeo di stabilità (Mes), le cui minimizzate condizioni non dovrebbero suscitare, in una fase di drammatica ripresa, pregiudizi ideologici. La tendenza a considerare Bruxelles con eccessivo spirito polemico propria dell’isolato Movimento Cinque Stelle è una spina al fianco di non poco conto dell’alleanza a sei capitanata dal collaudato Eugenio Giani. E per la gestione dei flussi migratori che fare? Le formule lanciate all’inizio dal centrodestra sembrano mitigate, ma fino a che punto sono frutto di una tattica della vigilia? Il civismo che si esplicita in una delle liste della Ceccardi quali caratteri ha? Troppe esperienze che si richiamano ad una categoria che ha riacquistato una sua nobiltà hanno mostrato una piega che non risponde ai requisiti di una «cittadinanza attiva», non chiusa nelle ostilità di una demagogica antipolitica. Si fa presto a dire «cambiamento» ma, se non si spiegano bene le direttrici auspicate, chi garantisce che sarà un mezzo per migliorare le condizioni di vita in un futuro irto di fratture e di diseguaglianze? E il gioco del voto disgiunto per il presidente quale ruolo avrà? Dilemmi che pungono di certo parecchi elettori che hanno forse già maturato una scelta, ma… Purtroppo le fratture sociali e i timorosi disagi favoriscono rabbia e protesta indiscriminate. Giani insiste, a nome del centrosinistra, sulla difesa del cosiddetto «modello toscano», concreto in particolar misura in ambito sanitario, e non fa mistero di puntare sulla continuità con le esperienze che lo hanno preceduto. Occorrerebbe che fossero più esemplificati gli elementi positivi da rafforzare e i limiti da superare. Non è un mistero che la sua è una coalizione complessa. Il che è una ricchezza ma può tradursi anche in un freno, se non riuscirà a trovare una sintesi praticabile. I lati da rivedere senza euforia di un «modello» non più declinabile nella sua annosa compiutezza sono notevoli. Vi primeggiano una sproporzionata dipendenza dall’export e il pervasivo culto dei consumi di prestigio, l’ingombrante attrattività del turismo e delle grandi firme. Più prosa è necessaria, più umiltà, meno orgoglio: e meno sovranismi municipali.