Un tesoretto per i giovani

 

di Carlo Rovelli

 

Matteo è uno degli studenti più brillanti che ho avuto. Ora svolge ricerca scientifica in Germania, ma è anche impegnato civilmente. L’anno scorso mi ha cercato per chiedermi di appoggiarlo per una proposta politica che stava promuovendo. All’inizio ero perplesso. Ne abbiamo parlato molto a lungo, e i suoi argomenti mi hanno convinto. Convincere anche il resto del mondo, però, mi sembrava difficile, e, pavidamente, non ho fatto nulla. La proposta era che lo Stato offrisse a tutti i diciottenni un piccolo capitale, finanziato da una tassa sulle successioni sui patrimoni più grandi. Oggi una proposta simile di Enrico Letta porta questa idea nella discussione pubblica. È un buon momento per presentare gli argomenti che mi avevano convinto.

L’osservazione chiave alla base della proposta di un piccolo capitale per i giovani è che la vera differenza che distingue le opportunità delle diversi classi sociali nel nostro Paese non è il reddito, è il patrimonio. Io ho vissuto con pochissimi soldi per la maggior parte della mia vita, ma alle mie spalle c’era, grazie alla mia famiglia, una sicurezza finanziaria non certo vasta, ma sufficiente per permettermi di fare le scelte cruciali: continuare a studiare, vivere un anno senza stipendio alla fine degli studi, per giocare le mie carte e sviluppare la mia ricerca scientifica, senza dover essere costretto cercarmi subito un impiego.

Forse la decisione più lungimirante per la mia vita è stata quella di prendere una pausa dagli studi poco dopo la fine del liceo, e viaggiare per un anno da solo in Canada e negli Stati Uniti. Per sostenermi ho lavorato qui e là. Ma il biglietto aereo l’ho potuto comprare grazie al fatto che mia nonna, che dipingeva miniature e le vendeva, aveva regalato a ciascuno di noi nipoti, ancora bambini, alcune monete d’oro. Mia cugina le ha usate per andare a studiare l’inglese in Inghilterra. Io per il mio grande viaggio da ragazzo. Ci hanno cambiato la vita, aprendoci prospettive. Un mio compagno di scuola ha messo in piedi una sua piccola impresa di software con pochi soldi che ha potuto avere dalla famiglia. Gli ha cambiato la vita. Un altro, che adesso è musicista affermato, è riuscito da ragazzo a procurarsi uno dei primi sintetizzatori elettronici per la musica.

È la disponibilità di un capitale, anche piccolo, che permette di mettere la propria vita su dei binari che possono aprire orizzonti: studiare, comprare tutti i libri che servono, pagare l’affitto per avere un alloggio indipendente, uscire dalla casa dei genitori, iniziare una vera famiglia, avere un mezzo di trasporto proprio, magari per un’attività commerciale. Comprarsi uno strumento musicale, organizzare una piccola associazione di volontariato, prendere i biglietti per andare dall’altra parte del mondo…

Questo privilegio — partire nella vita con la disponibilità di un piccolo capitale — è stato essenziale per tantissimi di coloro che nella vita hanno prodotto cose utili per la società. Ha dato sicurezza, coperto le spalle, permesso di prendere rischi. Ma questo privilegio non lo ha la maggior parte dei giovani italiani: la maggior parte dei diciottenni non ha facile disponibilità di diecimila euro, pochi per una minoranza, molti per la maggioranza. Se ogni diciottenne si trovasse questo piccolo capitale a disposizione, daremmo opportunità un po’ meno diseguali ai giovani, libereremmo forze creative, imprenditoriali, produttive, intellettuali e artistiche, e avremmo una società un pelino meno ingiusta. Data la lunghezza media della vita odierna, la maggior parte delle persone raccoglie l’eredità dei genitori a cinquanta o sessant’anni. Cioè quando non serve più ad aiutare davvero a crescere nella vita. È prima che serve.

Contributi perduti

Ragazzi brillanti restano intrappolati dalle ristrettezze economiche

Io penso che questo tesoretto non debba essere vincolato a nulla. Debba semplicemente essere messo a disposizione dei giovani, da usare in qualunque modo. Qualcuno lo metterà via per prudenza, qualcuno lo investirà, qualcuno lo butterà tutto in cioccolata e caramelle. Ma in ogni caso non credo proprio che sarebbe meglio impiegato nelle tasche dei più ricchi. Anche la parte sprecata, aumenta i consumi e aiuta l’economia più che stare ferma nel già lauto conto in banca di un sessantenne figlio di papà.

La nostra società non offre certo eguali opportunità a tutti. Le statistiche sono palesi: il livello economico e sociale dei genitori determina largamente quello dei figli. Le classi privilegiate numericamente molto minoritarie nel Paese si riproducono largamente al loro interno. Nel Dopoguerra e negli anni del boom economico la mobilità sociale si era molto alzata, poi pian piano si è richiusa. Le eccezioni ovviamente esistono, ma sono rare.

Modificare questa situazione è interesse della maggioranza dei cittadini, per due ragioni diverse. La prima è di carattere generale: questa chiusura è un drammatico spreco di risorse per la società intera. Giovani brillanti, che potrebbero dare contributi vitali alla società, non lo fanno perché sono intrappolati dalle ristrettezze economiche, da un livello di educazione insufficiente, o dalla mancanza di flessibilità nella loro vita.

La seconda è il semplice fatto che la maggioranza dei cittadini non appartiene alla ristretta minoranza privilegiata, e non ha quindi interesse a difenderne i privilegi. In un sistema democratico, una forza politica che ambisca a essere maggioritaria ha due alternative: o fare l’interesse della maggioranza, e quindi affrontare il problema, oppure fare solo finta di fare l’interesse della maggioranza.

L’argomento tradizionale di tutte le destre contro ogni forma di ridistribuzione della ricchezza è che la possibilità di arricchirsi per qualcuno finisce per giovare a tutti. Corretto o specioso che sia questo argomento, in ogni caso non ha rilevanza per una proposta di ridistribuzione ai giovani delle eredità sui grandi patrimoni: la trasmissione ereditaria intatta dei grandi patrimoni non ha alcun effetto positivo sulla produttività del Paese. Anzi: soffoca la vivacità economica. L’Italia ha imposte sulle grosse eredità che appaiono scandalosamente piccole a un qualunque cittadino francese o tedesco, dove le tasse sull’eredità sono facilmente dieci volte più alte che in Italia. Nel mio piccolo l’ho toccato con mano. Mio padre aveva in Francia una piccola parte, meno di un decimo, di quanto mi ha lasciato. Ho pagato più tasse di eredità in Francia su quel singolo decimo che non sui nove decimi che erano in Italia. In Italia le tasse sul patrimonio erano alte come nel resto dell’Europa fino a pochi decenni fa. Poi abbiamo avuto un miliardario come primo ministro e tutti i figli dei miliardari italiani hanno brindato.

C’è un solo vero argomento contro ogni idea di ridistribuzione. Il potere nella società odierna non è nei cittadini che votano: è nelle mani di chi in una forma o nell’altra detiene la ricchezza. La ricchezza che serve al potere per funzionare e vincere le elezioni. Che serve anche, cioè, a convincere la maggioranza a votare contro il proprio interesse, a difesa degli interessi dei pochi. Io spero che la politica torni a essere più onesta e intelligente di così, e cerchi consenso con lealtà, senza cadere nella trappola della subordinazione alla ricchezza, perché l’ambiguità erode la fiducia e porta alla perdita del consenso. Questa proposta è un caso esemplare. Sono davvero felice che Enrico Letta l’abbia fatta propria.

 

https://www.corriere.it/