LA VERSIONE CAMBIA
Nel corso della giornata di ordinaria paranoia nel regime di Putin, la versione dei fatti cambia. Davidova torna a far visita all’ufficio sotto accusa, questa volta accompagnata dal capo delle guardie. Porta cattive notizie: l’incidente in questione è stato ripreso dalle telecamere di sicurezza, la voce si è sparsa nell’istituzione e qualcuno si è allarmato.
Ma soprattutto, spiega Davidova, «viviamo una situazione di difficoltà politiche» e alcuni dipendenti dell’istituzione nazionale si sono dimostrati politicamente inaffidabili.
La consigliera spiega che la Biblioteca è una «istituzione ideologica» e se «riceviamo lo stipendio dallo stato, o serviamo lo stato oppure facciamo qualcos’altro».
Che cosa c’entra tutto questo con la scelta di Lotman per celebrare i lavoratori della cultura? È qui che la storia cambia. Viene fuori infatti che uno dei figli dell’insigne filologo, impegnato in politica in Estonia, ha preso posizioni critiche verso Putin e il Cremlino.
Davidova legge ad alta voce alcune dichiarazioni del figlio di Lotman prese dal suo profilo Facebook. La colpevole somiglianza del letterato con Mark Twain, indicata come l’origine del problema, scompare dalla conversazione. Gli incolti patrioti tratti in inganno non c’entrano più nulla: il problema adesso è Lotman.
«Perché questo personaggio è stato scelto all’interno della cultura russa che, fra l’altro, si sviluppa dall’Ottavo secolo?», domanda Davidova, lanciandosi in un attacco contro «una parte» del dipartimento che lavora contro gli interessi dello stato.
Il capo delle guardie inopinatamente aggiunge che, una volta che si è reso conto dello scambio di persona, ha cercato online notizie e immagini di Lotman, e i primi risultati in evidenza sono state le critiche al Cremlino del figlio.
La cosa è improbabile, viste le restrizioni sulla rete imposte da Putin, ma anche agli accusatori ormai non è del tutto chiara la linea accusatoria. Forse Lotman è colpevole, in prima istanza, di assomigliare a uno scrittore americano e il percorso che ha portato ad accertarne la somiglianza ha fatto emergere la seconda e più grave colpa, sulle prime sfuggita, di avere un figlio che critica Putin.
COSA C’È CHE NON VA IN TWAIN?
Qualche impiegato tenta di domandare perché, se il problema è Lotman, la Biblioteca nazionale gli ha dedicato non una ma due mostre per il centenario della nascita. Ma quelle mostre, viene risposto, erano state «approvate», quindi vanno bene. Se ne deduce che se l’immagine fosse stata approvata non ci sarebbe stata nessuna rimostranza, il figlio di Lotman sarebbe stato ignorato e la fotografia dell’insigne filologo sarebbe rimasta appesa sulle scale, in tutta la sua spaventosa somiglianza con Twain.
Alla fine della requisitoria, Kaganovskaja, l’accusata principale in quanto responsabile del dipartimento, domanda al capo delle guardie quale sarebbe stato, a conti fatti, il problema di Twain. Lui ha la risposta pronta: l’autore è americano e la sua stessa presenza «puzza di estremismo politico». Gli astanti sono interdetti, e forse qualcuno nelle università americane ha esultato sentendo una fedele guardia di Putin pronunciare finalmente la verità.
Davidova impone la revoca del bonus annuale a un manipolo di responsabili dell’ufficio incriminato, intimando di seguire le apposite procedure di approvazione. Kaganovskaja, stremata, decide infine di dimettersi, dichiarando che non è stato l’episodio in sé a determinare la sua decisione: è stata «l’accumulazione» di fatti simili.
Così si è conclusa un’altra giornata di ordinaria paranoia nel regime di Vladimir Putin. |