Tutti casa, poco sesso, niente motorino c’erano una volta i teenager trasgressivi

MATTEO LANCINI Lo psicologo fotografa la realtà degli adolescenti d’oggi, condizionati da paure e incoerenze degli adulti

Emanuela Griglié

Gli adolescenti non sono più ribelli. Non gliene frega niente del sesso. Pure meno della trasgressione. Se fanno uso di alcol o droghe è per anestetizzarsi e sparire. Non sognano il motorino, perché tanto stanno benissimo in casa. Crescono più a botte di delusione che per opposizione. Spoiler: tutto questo glielo abbiamo fatto noi, adulti fragili che proiettiamo su di loro incoerenze e paure. Genitori, insegnanti, legislatori che hanno costruito per loro un mondo piuttosto orrendo, inquinato, competitivo, povero, arrabbiato, imploso. Lo spiega, spietato ma chirurgico, Matteo Lancini nel suo nuovo libro che si intitola, appunto, L’età tradita (ed. Raffaello Cortina). Lettura assai dolorosa, ma forse c’è il lieto fine: resistere al senso di colpa e arrivare a pagina 135, dove iniziano i consigli pratici, non tutto – speriamo – è perduto.
Lancini, psicologo e psicoterapeuta presidente della Fondazione Minotauro e docente alla Bicocca e alla Cattolica di Milano, aveva scritto una lettera aperta nel pieno della pandemia, uno sfogo in difesa dei teenager, accusati di voler fare solo movida e assassinare i nonni spargendo il virus: «Poi vedevi le foto dei locali pieni e il più giovane aveva la mia età, vabbè», ci dice. «Senza dimenticare quanto i nonni siano figure centrali nella vita dei ragazzi, sono quelli che li hanno veramente cresciuti mentre noi stavamo lavorando». Forte di questa esperienza Lancini (che partecipa intanto a uno studio dell’Oms che durerà tre anni per vedere le ricadute di questa pandemia sui più giovani) ha deciso di provare con un saggio a sradicare definitivamente alcuni stereotipi anacronistici e dannosi sugli adolescenti.
«Provo a suggerire come ripartire da una lettura non più basata su ricordi di noi adulti», spiega. «Il modo di guardare ai bambini è radicalmente cambiato, vengono molto “adultizzati”. Una bambina di nove anni oggi è quasi al livello di una compagna di università dei tempi miei. Mentre non è accaduto lo stesso con gli adolescenti. Oggi la famiglia ascolta molto di più i bambini, mio nonno a malapena si ricordava i nomi dei suoi figli. Ma poi guardiamo questi ragazzi senza vederli».
Il padre simbolico e normativo è stato soppiantato dalla mamma virtuale, assai assente col corpo ma tanto presente con la mente e il controllo a distanza. Che manda i figli all’asilo già a sei mesi, ma si sente in colpa. E allora cerca di coordinare ogni aspetto della loro vita tramite le chat di Whatsapp. Mamma iperprotettiva che è anche la prima spacciatrice di tecnologia in casa, quella che regala il telefonino al figlio adolescente ma poi, dopo averlo filmato e fotografato ininterrottamente dai primi vagiti, gli dice: eh non usarlo però, perché fa male e crea dipendenza. Difficile non immedesimarsi (ma ricordiamo sempre il capitolo finale, evviva). «La fragilità adulta si declina in provvedimenti per nulla sintonizzati sull’altro. Interventi che i genitori spacciano per il bene dei figli ma che in realtà sono fatti solo per far dormire a loro sonni tranquilli. Si vorrebbe che i ragazzi fossero senza sofferenze e inciampi, perché sennò subito ci sentiamo inadeguati e fallibili. Gli diciamo: non parlarmi del dolore o non mi sento il genitore dell’anno».
La fuga dalla sofferenza è un tratto che contraddistingue questi adulti interrotti, che infatti cercano di non affrontare quasi mai il tema della morte con i loro figli, se non edulcorandolo, in versione Disney. «Ma è proprio attraverso la relazione con la morte che si sviluppa la creatività. Così il dolore degli adolescenti passa ormai solo attraverso il loro corpo. Disturbi alimentare nelle ragazze, suicidio sociale per i maschi, che si isolano e si rinchiudono in casa, fino al self cutting e al suicidio vero. Insomma, al posto di uccidere me o lei, che avrebbero pure tutte le ragioni del mondo, si feriscono da soli». Mentre le risse molto di moda ultimamente sono un’altra cosa, un fenomeno sociale: si organizzano nella zona centrale della città, si va lì per riprendere la scena. «Sono ragazzi che hanno assorbito il fatto che la rissa fa audience. Sono atti di richiesta di attenzione, non di ribellione».
Ma allora Greta Thunberg e gli altri giovani dei Fridays for Future per l’ambiente? Almeno loro, un poco, si arrabbiano. «Sono convinto che, almeno in Italia, questi ragazzi siano molto spinti da famiglia e insegnanti a partecipare alle manifestazioni: ti prego, dai, protesta per il tuo futuro. In alcuni casi c’erano studenti che si portavano dietro la mamma medico che faceva a tutti il tampone durante l’occupazione della scuola sostenuta dai genitori. Maddai, manca completamente la sostanza della ribellione: l’opposizione all’adulto. Da giovane mi dicevano di studiare sesso e motorino: non passeranno mai di moda. Sono dieci anni che nessun paziente me ne parla più. Dove devono andare con il motorino? Sono tutti chiusi in casa dall’angoscia degli adulti. Pure del sesso non frega più niente a nessuno. Ora che la società non è più sessuofobica, penetrare il corpo dell’altro conta sempre meno, si vuole entrare nella sua mente. La fluidità e l’assenza del sesso saranno la nuova normalità. Una società indefinita, liquida, globale: glielo abbiamo detto noi, no? Loro si adeguano».
Non sentirsi belli e popolari, un corpo deludente, non corrispondere a un ideale troppo elevato: questi sono i problemi dei ragazzi che vanno in terapia oggi da Lancini. «Aumentano attacchi di panico e ansia. Hanno perso qualsiasi valenza trasgressiva anche il consumo di droghe e alcol, che sono anestetici per non impazzire. Questi adolescenti hanno però grandi capacità relazionali. Sono cresciuti in un mondo online, sempre connesso, che gli abbiamo creato noi, dove è caduto ogni confine tra vita pubblica e personale. Ma che è il loro mondo e non è giusto vietarglielo. Anzi. Sono ragazzi che vogliono vivere nella mente degli altri, vogliono essere attesi e ascoltati. E soprattutto vogliono sentire che c’è un posto per loro nel futuro».
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