di Francesco Giambertone
Per un abitante su due è un grave problema: «Invasi e impoveriti».
Su un muretto all’ingresso di Parc Güell qualcuno ha scritto con un pennarello: «Gaudí vi odia». Il minaccioso monito è in inglese perché arrivi forte e chiaro a tutti i turisti di passaggio: qui non siete i benvenuti. L’architetto della Sagrada Familia e di Casa Batlló, morto quasi un secolo fa, forse oggi non sarebbe d’accordo, l’invasione di Barcellona per mano di stranieri armati di infradito e bastoni per i selfie è anche responsabilità del suo genio. Ma il pensiero di quell’anonimo poeta metropolitano è sempre più diffuso: il turismo sta rovinando la città, rendendola invivibile.
La pensa così un barcellonese su due (cinque anni fa era uno su quattro). Con un sondaggio il municipio ha chiesto agli abitanti quale sia «il problema più grave della città»: al primo posto, con il 19% delle risposte, c’è proprio il turismo. Si potrebbe stare meglio, in particolare d’estate, stagione così affollata da aver spinto alcuni attivisti a compiere azioni dimostrative (e intimidatorie) contro gli ospiti del posto che più di tutti in Europa ha esportato il concetto di «movida».
Gli autori sono sempre gli stessi, i giovani estremisti del collettivo Arran, protagonisti di due atti di vandalismo «turismofobici» rivendicati con orgoglio in un paio di video a distanza di poche ore: nascosti dai passamontagna, prima hanno assaltato un autobus scoperto pieno di stranieri vicino allo stadio Camp Nou, imbrattando il parabrezza con la scritta a bomboletta «il turismo ammazza la città»; poi hanno tagliato le gomme di alcune bici del bike-sharing comunale, molto utilizzato dai visitatori.
Al di là della polemica politica — Arran è una costola del partito di sinistra Cup, che sostiene il governo indipendentista catalano e non si è dissociato dai due gesti, finendo nel ciclone delle critiche — gli attacchi hanno riacceso una questione che si ripropone ciclicamente nella ciutat : a Barcellona, secondo chi ci vive, ci sono davvero troppi turisti. Si sentono vittime del «barricidio», un «omicidio dei quartieri» compiuto ogni giorno dalle orde (non sempre civili) che si riversano al Born e al Barrio Gotico, sulla spiaggia di Barceloneta e sulle Ramblas, luoghi tanto turistici quanto popolari e ancora abitati da gente tutt’altro che ricca.
Per capire le dimensioni del fenomeno: in città vivono 1,6 milioni di persone e, solo nel 2016, si stima che l’abbiano visitata in 32 milioni. Siccome la richiesta di appartamenti in affitto è sempre più alta i prezzi ovviamente salgono, anche per quelli a lungo termine, «condannando la classe media alla miseria», rivendicano gli estremisti. Solo su Airbnb l’anno scorso sono stati pubblicati 23 mila annunci, anche da chi non ha la licenza turistica che in Catalogna è (o meglio sarebbe) obbligatoria persino per dare in affitto una sola stanza. Per questo il numero di ispettori a caccia di affittacamere abusivi è stato raddoppiato, ma non è bastato. Anzi, il movimento anti-turismo si sta espandendo in fretta oltre i confini catalani: a giugno e luglio gli attivisti erano già entrati con i fumogeni in un ristorante di Palma di Maiorca e in una casa vacanze di Valencia. La prossima rappresaglia è annunciata per il 17 agosto a San Sebastian, nei Paesi Baschi: qui i giovani indipendentisti ce l’hanno soprattutto con i surfisti.
- Venerdì 4 Agosto, 2017
- CORRIERE DELLA SERA