Tre idee di civismo (ma solo una onora le sue radici)

politica e società

 

di Roberto Barzanti

 

Quando un fenomeno designa esperienze assai differenziate non guasta provarsi a far chiarezza. Almeno dalla fine degli anni Settanta sono emerse, soprattutto in coincidenza con elezioni amministrative, liste di candidati, associazioni più o meno radicate che si son proclamate portatrici di un civismo innovatore solo perché estraneo al sistema dei partiti tradizionali. È venuta l’ora di interrogarsi senza preconcette diffidenze su un panorama dalle variegate incarnazioni. La campionatura disponibile in Toscana è corposa. Il convegno su «Civismo. Radici, percorsi, prospettive», convocato sabato a Siena da ben sei raggruppamenti alcuni con presenze in Consiglio comunale (come «Per Siena»), altri con la fisionomia di nuclei della cosiddetta società civile, ha avuto l’ambizione di elevare un discorso fitto di equivoci e ambiguità. Il tema-fulcro è la delineazione di un vero e proprio «civismo politico», non riferibile agli schemi consueti di un sistema che si è andato disintegrando e solo in certe sue componenti impegnato — il Pd in prima fila — nel ricostruire modalità di partecipazione di nuovo tipo, eredi di un patrimonio da non disperdere. Per molti questa categoria suonerà strana, ma, a veder bene, è l’approdo più coerente di un civismo che non voglia essere rifugio di delusioni e proteste ma farsi interprete di culture che scelgano obiettivi, dichiarino principi, osservino metodi trasparenti e comprensibili. Uno dei relatori, Maurizio Viroli, ha insisto più volte nel sottolineare che alla base della Costituzione non stanno solo gli apporti della visione sociale delle sinistre, del solidarismo cattolico e delle dottrine liberali: è permeata da uno spirito repubblicano laico e aperto, ripreso e rilanciato a partire da una rilettura di Mazzini e delle minoritarie punte più riformatrici di un Risorgimento ignorato o tradito. Emancipato dalle ideologie che hanno segnato il Novecento, scettico nell’immaginare discipline partitiche verticistiche e oligarchiche alla vecchia maniera, il civismo dovrebbe assumere l’energia di un movimento plurale sorretto da un’ottica ricavata dai fondamenti di una «cittadinanza attiva», di una religione civile, di un patriottismo costituzionale non inquinato da nefasti sovranismi. Lungi dall’essere apolitico o, tanto meno, antipolitico, il civismo così inteso sarebbe pienamente abilitato a dialogare con gli stessi partiti, sfidandoli su nuovi terreni. Si pensi alla Germania o ad altri Stati europei non travolti da una babelica rissa all’italiana. Quante sono le esperienze in cui sono ravvisabili tratti di un simile percorso? Non si tratta di compilare buoni e cattivi in una fase di magmatica transizione, ma all’interrogativo non si sfugge. Distinguersi non vuol dire ingaggiare guerre con impermeabile ostilità. Riassunto in breve, il paesaggio del civismo evidenzia tre curvature non convergenti. Se esistono tentativi di un civismo esplicitamente politico e dotato di idee forti, dilaga qua e là un civismo dedito a rabberciare liste-civetta funzionali ad una candidatura a sindaco e a catturare consensi da far valere calcolando le convenienze più appetibili. E non è assente un civismo- maschera di un greve populismo alla ricerca di una totalizzante autarchia. Siamo ad una svolta. Ogni occasione che contribuisca a ragionare insieme è utile. Uno dei testi fecondi è quello di Pierre Rosanvallon sulla Controdemocrazia (2006), sbilanciato sull’efficacia di controlli e contropoteri. E Bernard Manin ha approfondito le metamorfosi subite dalla rappresentanza in un mondo dominato dalle tecnologie digitali e dal passaggio da una democrazia dei partiti ad una «democrazia del pubblico». A suo tempo Robert Musil nel più profetico romanzo dello scorso secolo, L’uomo senza qualità , scrisse due righe su un Impero al tramonto dove regnava uno spirito liberale, ma i sudditi rimanevano servi: «Davanti alla legge tutti i cittadini erano eguali, non tutti però erano cittadini». Quale miglior motto di un civismo che onori il suo etimo?

 

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