Toti si dimette, la Carfagna ci pensa E Berlusconi guarda oltre Forza Italia

Ugo Magri


Alle sette di sera, per giunta del 31 luglio, Silvio Berlusconi decide improvvisamente di chiamare a raccolta «tutti i soggetti che non si riconoscono in questa situazione, i singoli cittadini, le realtà organizzate, le forze politiche, gli amministratori locali, le associazioni, le realtà civiche». E per far cosa? Per dar vita tutti quanti insieme «non a un nuovo partito ma a una federazione, di centro moderato ma innovativo, alleato ma non subordinato alle altre forze del centrodestra». Un traguardo a dir poco ambizioso che l’ex premier annuncia proprio mentre l’«Altra Italia», cui egli si rivolge, sta chiudendo per ferie. Viene da chiedersi come mai non abbia atteso settembre prima di estrarre dal cilindro questo coniglio. Oltretutto, non è nemmeno chiaro chi sarebbe disposto a federarsi con Berlusconi. Il quale intende mettere a disposizione, come precisa testualmente, le sue capacità «di uomo di Stato». In altre parole, vuol comandare lui.
Il «quid» che non c’è mai
L’arcano del progetto lanciato in fretta e furia, con Silvio medesimo già in vacanza nel buen retiro di Porto Rotondo, si svela alla luce di quanto accade dentro Forza Italia. Viene perfino il sospetto che l’annuncio sia stato studiato ad arte per sminuire il caos di queste ore. E’ come se Berlusconi avesse urgenza di far sapere: «Il mio partito sta andando in briciole, okay, ma chissene importa, tanto io ho già chiaro in mente qualcosa di nuovo e di grandioso». Faccia quello che vuole Toti, se vorrà andarsene dal partito si accomodi pure, anzi il Cav quasi quasi ci spera perché l’altro ha osato sfidarlo, e ciò lo rende ai suoi occhi perlomeno antipatico. Con un amico, Berlusconi l’ha paragonato ad Angelino Alfano: «Credevo fosse diverso, invece nemmeno Toti ha il famoso quid». Ha dato disposizione di bocciare l’idea delle primarie che, per Toti, sono condizione irrinunciabile. Cosicché questo pomeriggio, quando si riunirà lo speciale sinedrio incaricato di rinnovare Forza Italia, il governatore della Liguria non potrà che prendere atto del no berlusconiano. Ieri anticipava: «Le mie dimissioni sono già sul tavolo». Ciò non significa che Toti lascerà stasera stessa il partito. Una quantità di ras locali stanno passando con lui, per cui se ne andrà non prima di aver rastrellato altre adesioni. La prospettiva è un movimento vicino alla Lega che Salvini, ovviamente, valuta con favore. Se ne va invece con la Meloni il coordinatore dell’Emilia Romagna, Galeazzo Bignami. Si salvi chi può.
Una telefonata a Mara
Senza più Toti, Mara Carfagna avrebbe la chance di restare coordinatrice unica. Ma non è detto che lo desideri, né che le venga permesso. Anzi, pure lei ieri mattina era lì lì per gettare la spugna, delusa tanto dalle «forzature» di Toti quanto dai «veti e controveti» che vengono sollevati nei suoi confronti dai colonnelli vari e dalle tante “generalesse”. C’è voluta una telefonata del Cav per trattenerla dalle dimissioni perlomeno fino al colloquio chiarificatore che avrà luogo nei prossimi giorni. Mara resterà in campo solo se Berlusconi le concederà adeguati poteri di riorganizzazione interna e anche di indirizzo politico. Come a Toti, per esempio, nemmeno a Mara va a genio che Forza Italia possa uscire dall’aula al momento del voto sulla mozione grillina anti-Tav. Un’ipotesi mai esistita, getta acqua sul fuoco Anna Maria Bernini. Ciò non ha impedito che volassero scintille perfino tra Mariastella Gelmini, presidente dei deputati azzurri, e il suo vice Roberto Occhiuto. Chiosa amara di Giorgio Mulè: «Tanto nulla per molto rumore». —