Torna a crescere l’occupazione ma precari più di 2 contratti su 3.

di VALENTINA CONTE
Migliora l’occupazione. Non la sua qualità. L’80% dei nuovi contratti, rivela l’Inps, non è a tempo indeterminato. E la quota di occupati a termine sul totale dei dipendenti, dice l’Istat, è in crescita continua dalla fine del 2013, una curva che sale quasi ininterrotta, e ora è sopra al 15%. «La ripresa c’è, lo dicono tutti i dati, dal Pil all’occupazione, alla fiducia», commenta il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan. «Gli occupati italiani superano 23 milioni, un record », esulta via Twitter Il premier Paolo Gentiloni. «Ancora molto da fare contro la disoccupazione, ma effetti positivi da Jobs Act e ripresa».
I dati Inps e Istat non sono in contraddizione. È vero, come dice il premier, che il tasso di occupati torna al 2008, prima della grande crisi. Ma è anche vero che le assunzioni, che pure avanzano, sono per lo più precarie, obbiettivo opposto a quanto si riprometteva il Jobs Act. L’Istat misura le “teste”, quanti occupati e disoccupati nel periodo in esame. L’Inps calcola i contratti: e un singolo lavoratore può averne più d’uno in quel lasso di tempo. Insomma l’Istat ci dice quanti lavorano e quanti no. L’Inps in che modo: a tempo determinato, indeterminato, stagionali, apprendisti.
Ebbene la buona notizia, registrata dall’Istat, è che gli occupati salgono a luglio rispetto a giugno (+0,3%, 59 mila unità) e sull’anno scorso (+1,3%, 294 mila unità). Crescono però anche i disoccupati su giugno (+2,1%, 61 mila in più), mentre calano rispetto al 2016 (-0,6%, solo 17 mila in meno). Segnali contraddittori. Da un lato, gli inattivi diminuiscono (di 115 mila) e quindi più persone si mettono in cerca di un posto, ma non tutte (ecco perché sale il tasso di disoccupazione). D’altro canto però, non tutti quelli che vogliono un lavoro poi lo trovano. I disoccupati italiani sono ancora quasi 3 milioni (2 milioni e 950 mila), una quota ormai fissa da tempo.
Il tasso di disoccupazione sale dunque all’11,3%. Quello dei giovani al 35,5%, tra i più alti d’Europa. Non solo. Nell’ultimo anno gli occupati a termine avanzano dell’11,7% (+286 mila). Quelli a tempo indeterminato solo dello 0,6% (+92 mila). E questo è il punto. Tra l’altro il tasso di occupazione cresce in tutte le fasce d’età, tranne che in quella tra 35 e 49 anni. Mentre emerge una nuova questione nel campo degli over 50. Secondo le rielaborazioni di Adapt, il 51% dei nuovi occupati registrati da Istat tra 2013 e 2017 sono over 50. E sempre in questa fascia, segnalano i dati di ieri, stanno crescendo anche i disoccupati. Tutti effetti della legge Fornero che impone di lavorare sino alla soglia dei 70.
I dati Inps poi ci dicono che i contratti a termine nei primi sei mesi – l’80% dei nuovi contratti stipulati – si sono impennati del 27% sul 2016: oltre 2,3 milioni quando nel 2014, l’anno del Jobs Act, erano 1,7 milioni. Volano anche le cessazioni di questi contratti: 1,5 milioni nel semestre (+24%). Un segnale di grande volatilità nel mercato del lavoro italiano: si entra e si esce con rapidità e precarietà. Mentre i nuovi contratti stabili, al netto delle cessazioni, sono appena 32 mila, crollati del 73% sul 2014.
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