La Pisa di sinistra, quella di Ciccio Auletta e dei Diritti in Comune, osserva che quello che la vittoria elettorale della Lega è l’effetto, sociale e culturale, delle politiche condotte dal Pd. Inseguendo la destra sul suo terreno. In molti casi anticipandola, e per giunta vantandosene. Tomaso Montanari, ti convince ?
Non c’è dubbio che sia così. Ed è una storia che inizia ancora prima, dal dopo muro di Berlino, quando la sinistra ha pensato di aver perso perché aveva torto. Così l’agenda è diventata quella di Tony Blair, riassumibile nell’acronimo «Tina»: non ci sono alternative. Allora resta solo lo storytelling, da Veltroni a Renzi, che sono in continuità. Smettendo di pensare che la sinistra possa cambiare il mondo, perché il mondo è immodificabile e chi sta sopra sta sopra, chi sta sotto sta sotto. E la politica non cambia più nulla. Se non la vita di chi la fa.
Dunque continui a pensare che da un quarto di secolo la «sinistra di governo» abbia prodotto tanti disastri. A tal punto che non la votano più…
Lo ripeto, il problema è antico. Renzi è stato solo il botto finale. Ricordo che quando inizia la sua parabola politica, dice che per lui le bandiere rosse sono quelle della Ferrari. La sua parabola è finita ora, non il 4 marzo o il 4 dicembre. Ma paradossalmente ha vinto: oggi l’Italia, e la Toscana, pensano che le bandiere rosse siano quelle della Ferrari.
Ora il presidente della regione Toscana Enrico Rossi dice che ora si deve andare oltre il Pd, Leu, Mdp, e che deve essere progettato un «contenitore» che raggruppi tutta la sinistra che non va più a votare, perché non si aspetta più risposte.
Mi sembra la politica dei bussolotti. Mentre il problema non è il contenitore ma quel che c’è dentro. I toscani hanno votato a destra perché c’è ingiustizia sociale, non perché manca una sinistra unita. Se la Toscana fosse stata davvero rossa, non sarebbe crollata. Invece era grigia, a tratti nera, altrimenti a Pisa non si sarebbero inventati i «daspo urbani» per i migranti, e Rossi non sarebbe il difensore dell’aeroporto di Peretola, quello che vuole fare Carrai. Non distinguendo più la politica del Pd da quella della Lega, ha prevalso l’originale. Poi non dobbiamo dimenticare che la legge elettorale toscana è nei fatti l’Italicum, e la degenerazione del sistema democratico nelle elezioni è partita da qui. Questo Salvatore Settis l’ha spiegato bene.
Contro il «razzismo di governo», sia Rossi che il sindaco fiorentino Nardella hanno indetto una manifestazione a Firenze, mercoledì 27. Che ne pensi?
Quando il mese scorso il Cantiere delle Idee ha presentato una ricerca con interviste nei quartieri popolari, è venuto fuori fra le tante che anche la provincia italiana sta votando in reazione al «centro», perché pensa che lì ci sia la ricchezza, mentre tutto il resto è una gigantesca periferia. Insomma si vota in reazione all’establishment dei capoluoghi. Allora io penso che organizzare una manifestazione antirazzista in una piccola piazza di lusso nel centro di Firenze, fra gli alberghi a cinque stelle, sia l’ennesimo regalo a Salvini. Fosse stata organizzata al campo rom del Poderaccio, e l’idea fosse partita da Libera, dall’Arci, dalla stessa Libertà e Giustizia, insomma «dal basso» e non da un sindaco e da un presidente regionale, avrebbe avuto un’altra simbologia. Non ho aderito, e non andrò in piazza Ognissanti.
A proposito, l’anno prossimo si vota a Firenze.
Se Nardella va avanti così, finirà come il sindaco senese Valentini. Se invece il Pd capisce che deve cambiare tutto, radicalmente, da domani, non inseguendo Salvini ma andando in direzione opposta, magari facendo la moschea in centro e lavorando sull’integrazione, allora può diventare un pezzetto della nuova sinistra. Hanno visto che facendo i «destri» perdono, non hanno nulla da perdere a fare cose di sinistra. Perché Salvini un ideale ce l’ha, «nero» ma ce l’ha. E l’unico che sta provando a resistergli è uno scrittore, Roberto Saviano, non un politico.