Tasse spese sul territorio e poteri sull’istruzione l’abc delle super Regioni

ROBERTO RHO,
MILANO
Di cosa si parla, quando si parla di autonomia differenziata delle Regioni?
È una possibilità prevista dal terzo comma dell’articolo 116 della Costituzione: le Regioni possono chiedere «ulteriori forme e condizioni di autonomia» rispetto a quelle loro assegnate. Occorre una legge dello Stato approvata dalle Camere a maggioranza assoluta dei loro componenti.
Quali sono le materie aggiuntive che possono essere trasferite alle Regioni?
Sono tre materie di esclusiva competenza statale (giustizia di pace, istruzione e tutela dell’ambiente) e venti materie cosiddette “di legislazione concorrente”: dai rapporti internazionali alla sicurezza del lavoro, dalla ricerca scientifica all’alimentazione, dall’energia alla tutela della salute.
Tra le nuove competenze, l’istruzione è la più importante.
Quali funzioni passerebbero dallo Stato alle Regioni?
Innanzitutto la programmazione dell’offerta di istruzione regionale, con la relativa dotazione dell’organico, fermo restando in capo allo Stato l’assetto dei percorsi di istruzione e dei relativi organici.
La Regione avrebbe inoltre la competenza su istruzione e formazione professionale e potrebbe definire l’organizzazione degli Istituti tecnici superiori per lo sviluppo delle relazioni tra scuole, università e imprese. Con le università potrebbe attivare percorsi per favorire lo sviluppo del territorio. Infine, dovrebbe costituire un fondo per l’edilizia scolastica.
Quali Regioni hanno avanzato la richiesta di autonomia?
Veneto e Lombardia, che hanno promosso un referendum (il 22 ottobre 2017), e l’Emilia Romagna, che ha scelto la via della trattativa diretta con il governo.
Il risultato del referendum è vincolante per lo Stato?
No, il referendum era consultivo e peraltro non entrava nel merito né delle materie da chiedere né delle risorse. Ovviamente l’esito del referendum (soprattutto quello veneto, che ha superato il 50% dei votanti) ha l’effetto di dare più forza “politica” alla richiesta.
Dopo il referendum c’è stata una trattativa tra le Regioni e il governo centrale?
Sì, Lombardia e Veneto, e con loro anche l’Emilia Romagna, hanno avviato un negoziato che si è concluso il 28 febbraio 2018 con la firma di un accordo – decennale limitatamente a cinque competenze aggiuntive.
Successivamente la richiesta delle Regioni è stata allargata a 23 materie per Lombardia e Veneto e 15 per l’Emilia.
Quali criteri economici accompagnano il trasferimento delle competenze aggiuntive?
Le modalità del trasferimento delle risorse sono regolate dall’articolo 4 dell’accordo e prevedono: la compartecipazione al gettito di uno o più tributi erariali maturati nel territorio; la spesa “storica” sostenuta dallo Stato nella Regione, riferita alle funzioni trasferite; l’introduzione progressiva, entro cinque anni, dei cosiddetti “costi standard”, che dovranno sostituire il criterio della spesa storica.
Cosa sono i costi standard?
Sono il costo – uguale per tutti – di beni e servizi acquistati dalle amministrazioni pubbliche (l’esempio classico è quello della siringa), calcolato sulla media dei costi pagati dalle Regioni più virtuose. L’adozione di questo criterio abbasserebbe la spesa delle amministrazioni e libererebbe risorse per altri investimenti.
La Lega, durante la campagna referendaria, ha promesso agli elettori la drastica riduzione del residuo fiscale. Cosa significa?
Il residuo fiscale è la differenza tra le entrate fiscali che lo Stato preleva da una Regione e le risorse che in quella Regione vengono effettivamente spese. Le Regioni del Nord, più ricche, hanno un residuo fiscale alto poiché le risorse prelevate con le tasse vengono redistribuite nelle aree più povere del Paese. I criteri della compartecipazione e dei costi standard avrebbero l’effetto di trattenere più risorse sul territorio.
Quali sono le ragioni del contrasto tra Lega e M5S?
Il M5S teme uno spostamento di risorse pubbliche dal Sud al Nord Italia. La Lega viceversa sostiene che l’autonomia (potrà essere richiesta anche da altre Regioni) renderà più efficiente la gestione dei servizi, stimolerà nuovi investimenti e migliorerà le condizioni economiche di tutti.
Quali sono i prossimi passi?
Il premier Conte ha annunciato che, dopo un’ulteriore riflessione nella maggioranza, entro il 15 febbraio avvierà il negoziato con le Regioni.
Se sarà raggiunto un accordo il testo dovrà passare l’esame del Consiglio dei ministri e poi delle due Camere.
Fonte: La Repubblica, https://www.repubblica.it/