Svolta Labour su Brexit: «sì» a un secondo referendum.

La crisi del Regno Unito. Il Governo: nessun trattamento preferenziale per i lavoratori Ue

Dopo Brexit non ci sarà trattamento preferenziale per i cittadini Ue: per entrare in Gran Bretagna dovranno ottenere un visto esattamente come i cittadini di qualsiasi altro Paese al mondo.Un Paese che non si sa ancora se e come uscirà dall’Unione e il cui principale partito d’opposizione,il Labour, ha approvato ieri una mozione che apre alla possibilità di un secondo referendum.Il Governo di Theresa May dal canto suo ha dato il via libera all’unanimità nuove regole per l’immigrazione che dovrebbero entrare in vigore dopo che la Gran Bretagna ha lasciato l’Unione Europea. Il nuovo sistema sarà basato sulle qualifiche delle persone e non sulla nazionalità e i visti e permessi di lavoro saranno concessi in base alle necessità del mercato del lavoro senza “privilegi” per chi viene dall’Europa.

La May, che quando era ministro dell’Interno aveva posto forti limiti all’immigrazione, si è impegnata a porre fine alla libertà di circolazione delle persone qualunque sia l’accordo finale che verrà negoziato con la Ue. Le nuove regole sull’immigrazione non riguardano i cittadini Ue già residenti da tempo in Gran Bretagna, che avranno il diritto di ottenere il “settled status” o residenza permanente e potranno continuare a vivere, studiare o lavorare nel Regno Unito anche con i loro stretti familiari. La May ha confermato nei giorni scorsi che il suo Governo si impegna a fare questa concessione unilaterale ai cittadini Ue indipendentemente dall’esito dei negoziati con Bruxelles. «Siete i nostri amici, i nostri vicini, i nostri colleghi, – ha detto la premier. – Vogliamo che restiate». Il Governo renderà note a breve le modalità per ottenere il diritto di residenza permanente per chi vive e lavora nel Paese da almeno cinque anni.

Le regole saranno molto diverse per i cittadini Ue che vogliono trasferirsi in Gran Bretagna dopo Brexit. Il Governo ha concordato in pieno con l’Independent Migration Advisory Committee, che in un rapporto presentato nei giorni scorsi ha proposto che in futuro la decisione se concedere il visto sia basata sull’utilità della persona che lo richiede e non sulla sua nazionalità, come già accade per i cittadini extra-Ue. Se servono medici, ingegneri o esperti di informatica saranno loro concessi permessi di lavoro senza tenere in considerazione la loro cittadinanza.

La nuova strategia sull’immigrazione sarà presentata dalla May al Congresso del partito conservatore che inizia il 30 settembre. Le regole approvate dal Governo potrebbero però essere modificate in futuro a seconda del tipo di accordo che Londra raggiungerà con Bruxelles. La linea dura indicata ieri dalla May potrebbe far parte della strategia negoziale britannica per ottenere maggiori concessioni dalla Ue in questa fase difficile dei negoziati. In caso di mancato accordo, o hard Brexit, le nuove regole diventeranno probabilmente legge. In caso di intesa, potrebbero essere radicalmente riviste e i termini dell’accordo potrebbero comprendere il mantenimento dei diritti di accesso privilegiato per i cittadini Ue.

Tutto è ancora da giocare su Brexit, anche le chance di un mancato accordo si sono rafforzate negli ultimi giorni dopo che i 27 al summit di Salisburgo hanno respinto le proposte della May. La premier ha ribadito che «un no deal è meglio di un pessimo accordo». Il Labour intanto si è schierato a favore di un secondo referendum. Al Congresso del partito ieri i delegati hanno votato a grandissima maggioranza a favore di una mozione che prevede la possibilità di andare a un secondo voto popolare in caso di no deal con la Ue o se l’accordo proposto dalla May verrà respinto dal Parlamento. Poche ore prima un’ovazione in piedi dei delegati aveva accolto la dichiarazione di Keir Starmer, ministro-ombra per l’uscita dalla Ue, che «nessuno esclude l’opzione di restare nella Ue». Se ci sarà un secondo referendum le scelte sulla scheda devono essere tre, secondo Starmer: accettare l’accordo, respingere l’accordo, oppure continuare a far parte dell’Unione.

 

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