La faccenda, come è chiaro, fa già sorridere così: quando poi è un tecnico prestato alla politica ad adottare lo stesso metro di giudizio (e di comportamento), la faccenda da discutibile rischia di farsi comica. Ed è precisamente questo quel che è venuto in mente a molti, ascoltando Conte comunicare – con la faccia contrita – che Mario Draghi è stanco.
E visto che c’era, che la cosa migliore sarebbe confermare al Quirinale Sergio Mattarella. Un uno-due niente male verso l’uomo (pardon, il “tecnico”) che molti considerano il più titolato successore di Conte, nonché il possibile futuro Capo dello Stato.
E lui, lo sprovveduto Draghi? Vorrebbe restare silente. Nessun giornalista era presente quando lo hanno informato che era stanco, stando almeno a quel che aveva comunicato il premier: noi, però, lo immaginiamo mentre borbotta sottovoce parole incomprensibili: wathever it takes, wathever it takes, whatever it takes… Vuol dire, più o meno, costi quel che costi: voleva intendere star lontano da questo pantano e da questi trabocchetti… Costi quel che e costi, naturalmente.
Costi quel che costi
Non crediamo che Mario Draghi sia più sprovveduto di Ciampi, di Dini o di Mario Monti: quindi – verrebbe da dire – chi è preoccupato fa bene a preoccuparsi. E invece è proprio questo che dovrebbe metter tranquillo chi si sente insediato. I pochissimi che hanno potuto raccogliere qualche scarna valutazione dell’ex presidente della Bce, infatti, lo descrivono con aggettivi che vanno oltre lo scettico: oggi, insomma, non vedrebbe alcuna condizione per un qualunque suo impegno in ruoli politico-istituzionali. Non sappiamo se è questo quel che sperava Conte, provando a snidare il “tecnico” tanto stanco. Però così è.
Dopodiché – con l’inevitabile premessa che nella politica italiana può sempre accadere di tutto: tipo passare da un governo gialloverde a uno giallorosso, in costanza di premier – ecco, fatta questa premessa, si capisce perché Draghi giudicherebbe inesistenti, oggi, le condizioni di un suo impegno (e intendiamo, naturalmente, alla guida del governo).
Infatti, secondo uno schema classico, un esecutivo di “rinascita economica” con lui a Palazzo Chigi, non potrebbe che vedere tutti assieme in maggioranza Salvini, Meloni, Di Maio e Zingaretti. Poiché l’ipotesi, onestamente, pare un tantino azzardata e poiché è difficile immaginare che qualcuno lasci a qualcun altro la possibilità di starsene da solo all’opposizione del “governo dell’ammucchiata”, lo sprovveduto Draghi fa bene a tenersene lontano: whatever it takes.
Le difficili previsioni
Per quanto potrà farlo? Questo si vedrà. Certo, la sensazione è che questa «riserva della Repubblica» – definita dalla Treccani «il più importante uomo di Stato europeo dell’ultimo decennio» – farebbe bene a cominciare a scrutare l’orizzonte. Tra qualche mese, per dire, rispondere «non ho idee sul mio futuro, chiedete a mia moglie, spero le abbia lei…» potrebbe risultare troppo snob. E in più: se il Paese avesse davvero bisogno di un uomo come lui?
Il 26 luglio 2012 Mario Draghi cambiò il corso della storia economica europea – salvando la tenuta del continente – col suo famoso discorso sul whatever it takes: gli valse la nomina a uomo dell’anno da parte del «Times» e del «Financial Times». Molti sostengono che quel «costi quel che costi», andrebbe oggi speso per la salvezza e il rilancio dell’Italia. Funzionerebbe? Difficile dirlo. E difficile anche prevederlo. Perché Draghi è scettico, dubbioso, forse sospettoso. E soprattutto è stanco, a giudizio di un premier – Conte – che però alcuni già definiscono il suo predecessore…