IL PUNTO
Delle 20 maggiori società per capitalizzazione di Borsa, 18 hanno sede sulla costa occidentale americana. E le altre due su quella orientale cinese. Nove su 10 delle maggiori imprese Internet al mondo si trovano nelle due stesse zone geografiche. A favorire questa sorta di monopolio digitale americano, insidiato soltanto dai colossi cinesi, è stata la possibilità di poter contare su un grande mercato dove poter crescere e svilupparsi. È significativo l’esempio riportato in uno studio del Boston Consulting Group. Meetic, il sito francese di incontri, è stato creato tre anni prima del suo simile americano Match.com. Ma alla fine è stato il sito statunitense a comprare quello europeo, che si è trovato a combattere con le diverse legislazioni dei 15 Paesi europei dove era presente. L’esigenza di creare un mercato unico digitale è ben presente a Bruxelles. C’è un commissario dedicato, l’estone Andrus Ansip, che è anche vicepresidente della Commissione. Eppure soltanto lo scorso 20 novembre Parlamento, Consiglio e Commissione si sono accordati per mettere fine agli ingiustificati blocchi geografici all’ecommerce. La nuova consapevolezza europea dovrebbe essere dimostrata anche dalla proposta legislativa ai nastri di partenza. Sponsorizzata da Valdis Dombrovskis, vicepresidente della Commissione responsabile per i servizi finanziari, la legge è pensata per le cosiddette fintech (le aziende tecnologiche che iniziano a fare concorrenza alle banche) affinché possano stabilirsi in Europa e crescere. «Noi non abbiamo un mercato digitale unico – ha detto Dombrovskis al Financial Times – e questo fa sì che molte fintech vadano in Asia o negli Stati Uniti per poter svilupparsi». Cosa ancora più urgente dopo la Brexit che ha posizionato Londra, il maggiore hub finanziario della Ue, fuori dal mercato unico europeo. E che potrebbe trasformarsi in una formidabile spinta alla sonnecchiante Bruxelles.
@daniele_manca
@daniele_manca
Corriere L’Economia – Daniele Manca – 08/01/2018 pg. 6 8 gennaio 2018.