Sul Def e l’Iva il silenzio di M5S e Pd.

In attesa delle decisioni ultime, quelle che rischiano di lacerare il Pd e di contrapporre i Cinque Stelle al loro elettorato, conviene porre attenzione ad alcuni aspetti solo in apparenza secondari. In primo luogo, la divergenza fra tempi politici e tempi istituzionali. Per essere chiari, ora l’esploratore Fico conclude il suo mandato ricevendo per la seconda volta gli esponenti di Pd e Cinque Stelle. Non è chiaro cosa si diranno di nuovo rispetto a martedì, ma almeno si rispetta la simmetria con il mandato esplorativo svolto da Elisabetta Casellati sul versante del centrodestra: poche decine di ore e due turni di colloqui per entrambi. Adesso però saranno evidenti anche le differenze.

La presidente del Senato registrò l’impossibilità di una maggioranza centrodestra-M5S a causa del veto di Di Maio nei confronti di Berlusconi. Viceversa Fico ha ottenuto un risultato, comunque lo si voglia giudicare: ha smosso le acque cosicché i suoi compagni pentastellati e il gruppo dirigente del Pd viaggiano ora su due binari paralleli eppure convergenti (la terminologia della Prima Repubblica sembra stranamente attuale). Di Maio ha una gran voglia di stringere patti con gli avversari di ieri e il “reggente” Martina si è spinto abbastanza avanti nell’accettare il confronto.

Si dirà che serve a poco se la linea maggioritaria nel Pd è quella esposta da Renzi in piazza a Firenze. Tuttavia, logica vorrebbe che si battesse il ferro finché è caldo e si desse corpo a questo dialogo sui “contenuti”, visto che le settimane passano e le scadenze incombono. Dialogo non significa intesa: non a caso è fissata una direzione del Pd il 2 maggio per una verifica politica che potrebbe sfociare nel “no” senza mezze misure al patto di governo. Il problema è che non è chiaro cosa succederà in questa settimana, ossia nell’arco di tempo compreso fra il ritorno del presidente della Camera al Quirinale, lunedì sera, e la direzione del Pd. Ed è lecito domandarsi se e come la discussione programmatica tra M5S e Pd prenderà forma.

I temi non mancano di sicuro. Non tanto quelli piuttosto vaghi evocati fin qui, quanto quelli più concreti imposti dall’attualità. È singolare, ad esempio, che due forze che non escludono di governare insieme non si pongano il problema di discutere fra loro le linee del Def, il documento economico la cui stesura è delegata a Gentiloni e Padoan in assenza del nuovo esecutivo. E il Def porta con sé il tema dell’aumento dell’Iva dal primo gennaio 2019: una questione che avrà un notevole impatto sull’economia e quindi sulla vita degli italiani. Ci si aspetterebbe che fosse al centro di qualsiasi preliminare trattativa e invece i partiti, sia i “vincitori” del 4 marzo sia i perdenti, se ne lavano le mani. Con il risultato che la settimana che si apre rischia di essere vuota come le precedenti.

È plausibile che Fico ottenga dal capo dello Stato una proroga del mandato esplorativo; e in tal caso chissà se vorrà stringere un po’ i suoi interlocutori sulle questioni più urgenti. Ma se pure fosse questa la sua volontà, rischia di non ottenere risposta. I Cinque Stelle non hanno alcun interesse a far emergere le loro contraddizioni in politica economica. E il Pd, in attesa della fatidica direzione del 2, non vorrà uscire dal generico. Tanto più se fosse chiaro che la linea filo-governativa è priva di sbocchi. In realtà non tutto è già deciso. L’eventualità niente affatto remota di un ritorno alle urne potrebbe determinare prima o poi qualche colpo di scena. A cui non vorrebbe essere estraneo lo stesso Renzi, il campione del “no”.

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