“Ha ingannato tutti, è lui nella piazza della stazione”: è quanto dichiarato da Maurizia Bonini nella sua testimonianza nell’aula del tribunale in cui si sta svolgendo il processo ai mandanti per il massacro del 2 agosto 1980
Era attesa, anzi attesissima ed è arrivata. La testimonianza dell’ex moglie dell’avanguardista Paolo Bellini, Maurizia Bonini, ha tenuto inchiodata l’aula del tribunale bolognese dove si sta svolgendo il processo ai mandanti della strage del 2 agosto 1980: “Ho detto una bugia, lui ha ingannato tutti, non potevo immaginare che fosse lì in quella situazione”. La signora Bonini ha detto che quel maledetto giorno Bellini la raggiunse a Rimini in ritardo rispetto all’orario in cui lei aveva collocato il suo arrivo in Romagna negli interrogatori resi nel corso degli anni, e oggi non ha avuto dubbi di fronte alla Corte di assise nel riconoscere il suo ex in una foto che lo ritrae quel giorno alla stazione: “Sembra mio marito, è Paolo, è Paolo, perché ha una fossetta qua, ha i capelli più indietro, ma è comunque lui, nella foto del telegiornale lo riconosco ancora meglio. È Paolo, ed è riconoscibile da parte mia nella parte inferiore del video, qui però ha i capelli più indietro”. Ha avuto un gran coraggio Maurizia Bonini, confermando alla Corte il riconoscimento, dopo aver rivisto in aula il video di un turista per caso girato in stazione a Bologna la mattina della bomba e reso disponibile solo di recente.
La signora ha parlato coperta da un paravento su sua richiesta, la Corte ha approvato e certamente non poteva fare altro, dopo il via libera dell’accusa e delle parti civili: “Noi diamo parere favorevole alla testimonianza con il paravento – ha detto il procuratore generale – perché è una situazione delicatissima, conosciamo la storia di Bellini e si tratta di cose che riguardano legami familiari, emergono preoccupazioni e la Corte deve assicurare la genuinità della testimonianza”. Mentre gli avvocati dell’ex neofascista hanno protestato, pretendendo una testimonianza a viso aperto.
E si capisce il loro estremo tentativo di smontare questa tappa processuale: il riconoscimento è una chiave importante di tutta la strategia investigativa, perché Paolo Bellini, noto come primula nera (si veda la biografia di recente aggiornata scritta da Giovanni Vignali per PaperFirst), è un trait d’union fondamentale nel mondo dei neri coinvolto nella strage. Perché non solo di spontaneismo armato si trattò: non furono solo giovani sbandati e fascisti a mettere le bombe. Si sta delineando un quadro ben più complesso che dà conto della realtà, fino a ora ristretta attorno alla condanna di tre esponenti dei Nar, Valerio Fioravanti, Francesca Mambro e Luigi Ciavardini – di recente si è aggiunta quella in primo grado contro Gilberto Cavallini –, e che comprende i vertici delle organizzazioni neofasciste Ordine nuovo e Avanguardia nazionale, finanziati dalla P2. Nei mesi scorsi sono girate nel web molte ricostruzioni tese a smentire che nel video ci fosse la faccia di Paolo Bellini, finanche l’accusa di un falso montaggio: il coraggio dell’ex moglie del principale imputato mette al loro posto queste piccole azioni depistanti.