Prima di cominciare a collaborare con i pm che ne hanno chiesto e ottenuto l’arresto, il consulente per le relazioni istituzionali della Cpl Concordia Francesco Simone aveva annunciato già al gip di essere pronto a fare rivelazioni sul sistema che la cooperativa modenese seguiva per ottenere gli appalti. Non solo quello per la metanizzazione di Ischia (al centro dell’inchiesta della Procura di Napoli) ma molti di più. Perché anche «altri rapporti della Concordia sono stati gestiti allo stesso modo. Ce ne sono parecchi». E se a Ischia l’interlocutore era il sindaco Giuseppe Ferrandino, altrove potrebbero saltare fuori nomi più famosi: «Ci sono situazioni anche con politici, non dico di primo livello, ma politici importanti. Cerchiamo, come dire, cerchiamo i soldi, e sono assolutamente felice di essere a vostra completa disposizione».
Quando Francesco Simone pronuncia queste parole sono passate poco più di 48 ore dal suo arresto. Il giudice per le indagini preliminari Amalia Primavera va a incontrarlo in carcere per l’interrogatorio di garanzia e sono presenti anche i pubblici ministeri Henry John Woodcock, Celeste Carrano e Giuseppina Loreto. Simone è chiaramente sotto choc, ai magistrati dice di stare «malissimo», di avere «scarsa lucidità» e di essere «molto provato». Quindi spiega che più che rispondere alle domande del gip, preferirebbe fare solo una lunga dichiarazione. Ed è in quel momento che, di fatto, comincia la collaborazione che poi approfondirà con i pm.
«Mi assumo tutte le responsabilità delle cose fatte, contestate» esordisce. E rivela che la sua società in Tunisia, la Tunita, aveva stipulato con Cpl «un contratto da 180 mila euro l’anno in quattro rate da 45». Glielo propone il presidente Roberto Casari «dicendo che avevano delle necessità di liquidità, diciamo, non ufficiali». Il meccanismo funziona così: «Loro mi garantivano in questa operazione un riconoscimento per le spese che era il 15 per cento e quindi su 45 mila euro, gli dovevo riportare 38.500 euro e tenermi la differenza». I magistrati lo interrompono per chiedergli cosa ne facesse la Cpl dei soldi che rientravano. «Pagamenti in nero» risponde Simone. E quando il pm Woodcock gli chiede se intenda dire tangenti, lui spiega che è vero che «bisogna seguire i soldi, ma i soldi non necessariamente sono sotto forma di mazzetta o busta, sono sotto forma di varie situazioni che possono essere studio di progettazione, subappaltatori… Spesso non si parla di bustarella ma si parla di consulenze, di assunzioni…».
«Qualche altra volta anche di qualche bottiglia di vino, qualche libro» lo interrompe uno dei pm facendo riferimento all’acquisto da parte della Cpl, emerso durante le indagini, di circa duemila bottiglie di vino prodotte dall’azienda di famiglia di Massimo D’Alema e di cinquecento copie di un suo libro. «Sui libri e sulle bottiglie di vino — è la risposta di Simone — può darsi che sia stata una captatio benevolentia ».
Dell’acquisto del vino di D’Alema ha parlato, sempre nell’interrogatorio di garanzia, anche il presidente della Concordia, Roberto Casari, sostenendo che non fu l’esponente del Pd a proporgli la vendita ma che decise lui autonomamente: «Perché quel vino è senza solfiti e a me i solfiti fanno male. E noi facciamo i pacchi di Natale, l’uovo di Pasqua… Siamo in mille e ottocento… Allora ho preso mille e ottocento bottiglie da mettere nei pacchi di Natale degli operai. ».
Fulvio Bufi
Fiorenza Sarzanini