Simone Biles “Devo salvarmi dai miei demoni”

Il cuore altrove
di Cosimo Cito
TOKYO — In quel momento è sembrato venire giù il cielo. Rincorsa, stacco, atterraggio maldestro su un piede solo, passo in avanti a dissimulare l’errore, voto basso. “Ohhh” si è sentito dal fondo della sala, quasi fosse lo stesso legno dell’Ariake Gymnastic Center a parlare, a dire che no, non era possibile. Simone Biles aveva sbagliato un volteggio. La peggiore della prima rotazione e non provando lo Yurchenko con doppio carpiato su cui matematici e fisici continuano a interrogarsi da mesi, raccontando di forza inerziale, coseni, angoli di incidenza per poi concludere che “è impossibile”, e invece lei, the Greatest, quel giunco di un metro e cinquanta lo aveva reso prima pensiero e poi magia. Inghiottita in quell’errore, Simone Biles ha messo tuta bianca, calzini e ciabatte. Ha dibattuto un secondo con i tecnici, e poi ha lasciato la gara a squadre. In tempo per essere nella foto del podio, ma d’argento, mentre le tre compagne, impietrite, cercavano lo stesso di farle vincere il primo dei sei ori promessi al mondo intero. «Ho dovuto fare un passo indietro per mettere in salvo me e la mia salute mentale. Quando salgo sul tappeto siamo solo io e i demoni che ho nella testa» dirà poi, quasi giustificandosi e nemmeno fingendo l’infortunio di cui Usa Gymnastics si era affrettata a parlare a gara in corso, un problema fisico inesistente, perché i guai sono altrove, nascosti nell’ombra delle cose visibili.
Nel lungo comizio davanti ai microfoni a fine gara, mentre le russe oro a sorpresa scorrevano via senza che nessuno le prendesse sul serio, Simone Biles ha parlato del domani che forse non ci sarà nella sua Olimpiade, «valuteremo giorno per giorno, non è detto che tornerò in gara», raggelante e sorridente, a tratti in lacrime e consolata da Jordan Chiles, l’altra ragazza afroamericana del team Usa che con un terribile errore al corpo libero ha inchiodato la squadra al secondo posto. Si era salvata nei concorsi individuali, finali centrate ma che faticaccia. Non limpida, non bella, non Simone Biles, con un velo di tristezza dovunque andasse, saltasse, roteasse. «Mi sento come se avessi il mondo sulle spalle » aveva scritto su Instagram a inizio Olimpiade, «sembra sempre che io sia capace di scrollarmelo di dosso e di mostrare che la pressione non mi influenzi, ma, dannazione, è così difficile».
Pressioni, fantasmi. Intervistata dal New Yorker, Aly Raisman, vittima come Simone Biles delle violenze dell’ex medico della nazionale di ginnastica Usa Larry Nassar, aveva risposto così a questa domanda: «Ha fiducia nelle capacità della Federazione americana, che in passato ha protetto Nassar, nel difendere la salute fisica e mentale dell’attuale nazionale?». «No, nessuna».
E poi c’è il Covid: Kara Eaker e Leanne Wong, positive, sono state poste in isolamento mentre Biles e le altre lasciavano di gran fretta il Villaggio per trasferirsi in un hotel. E così si è arrivati a quell’ohhh, al cielo che crolla sulla favola bella della più grande di sempre, che si sfila, fa un passo indietro e si porta tutto all’inferno: «Sto partecipando per altri, non per me». Nascoste da e in questo dramma alla Tennessee Williams, Vanessa Ferrari, Asia e Alice D’Amato e Martina Maggio hanno sfiorato il bronzo, perso alla trave dopo tre rotazioni perfette. «Almeno il 4° posto anche per questa Olimpiade me lo sono già tolto» il commento di Vanessa (è il 3° per lei) che lunedì parteciperà alla corsa all’oro nel corpo libero.
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