LE IDEE
Il marketing della paura è un vecchio arnese, che Silvio Berlusconi ha sfruttato soprattutto dalla vittoria del 2001 in poi. Oltre a fare leva sulla minaccia del terrorismo, si è concentrato sull’allarme per la microcriminalità. Da allora, però, le statistiche sulla sicurezza sono continuamente migliorate. pagina 26 Il marketing della paura è un vecchio arnese, che Silvio Berlusconi ha abilmente sfruttato soprattutto dalla vittoria del 2001 in poi. Oltre a fare leva sulla minaccia del terrorismo islamico, spesso con operazioni spregiudicate o illegali rivelate da Repubblica con le inchieste di Giuseppe D’Avanzo e Carlo Bonini, si è concentrato sull’allarme per la microcriminalità.
Da allora, nel nostro Paese le statistiche sono continuamente migliorate: è diminuito il numero totale di reati, sono crollati gli omicidi e le rapine in banca evocate ieri dal fondatore di Forza Italia sono ormai una rarità.
Proprio per questo è aumentata la richiesta di sicurezza dei cittadini, che si focalizza sul fronte dei “crimini predatori”: gli scippi e le rapine nelle strade, i furti negli appartamenti e soprattutto nelle villette delle zone periferiche. Un problema che esiste e che richiede risposte concrete.
Bisogna anzitutto sottolineare come il piano della “polizia di prossimità” varato nel 2002 dal governo Berlusconi con il ricorso agli agenti e ai carabinieri di quartiere non sia mai diventato concreto. Alle promesse infatti non sono mai state accompagnate risorse per renderlo operativo. Nel 2009 la Corte dei Conti ha evidenziato come i fondi stanziati permettevano al massimo il reclutamento di 3.900 persone per il pattugliamento urbano mentre la strategia berlusconiana ne avrebbe richieste 6.000. E l’anno dopo, con il centrodestra al potere, i sindacati di polizia hanno denunciato lo smantellamento dell’operazione.
Evocare lo schieramento dell’esercito non è una soluzione. L’impiego delle forze armate in tutti i Paesi democratici è uno strumento straordinario e oggi i soldati che contribuiscono all’ordine pubblico sono già 7.200, un numero tra i più alti in Europa.
Quello che serve sono riforme organiche, che migliorino il coordinamento tra le forze dell’ordine e permettano un controllo più efficace del territorio. E bisogna riconoscere come gli unici passi avanti in questo campo li abbia realizzati il governo Renzi, con una serie di provvedimenti – come l’accorpamento della Forestale nei Carabinieri e le nuove regole sulle competenze – che se incrementati nel tempo potranno dare contributi importanti. Certo, bisogna fare di più, molto di più, per dare risposta alle richiesta di sicurezza dei cittadini. Ed è fondamentale che questo avvenga anche nei tribunali, garantendo la rapidità dei processi e l’efficacia delle condanne, in modo da evitare la prescrizione che garantisce una sostanziale immunità a tantissimi responsabili dei crimini predatori: un fronte su cui tutte le riforme berlusconiane hanno invece determinato effetti opposti.
Da allora, nel nostro Paese le statistiche sono continuamente migliorate: è diminuito il numero totale di reati, sono crollati gli omicidi e le rapine in banca evocate ieri dal fondatore di Forza Italia sono ormai una rarità.
Proprio per questo è aumentata la richiesta di sicurezza dei cittadini, che si focalizza sul fronte dei “crimini predatori”: gli scippi e le rapine nelle strade, i furti negli appartamenti e soprattutto nelle villette delle zone periferiche. Un problema che esiste e che richiede risposte concrete.
Bisogna anzitutto sottolineare come il piano della “polizia di prossimità” varato nel 2002 dal governo Berlusconi con il ricorso agli agenti e ai carabinieri di quartiere non sia mai diventato concreto. Alle promesse infatti non sono mai state accompagnate risorse per renderlo operativo. Nel 2009 la Corte dei Conti ha evidenziato come i fondi stanziati permettevano al massimo il reclutamento di 3.900 persone per il pattugliamento urbano mentre la strategia berlusconiana ne avrebbe richieste 6.000. E l’anno dopo, con il centrodestra al potere, i sindacati di polizia hanno denunciato lo smantellamento dell’operazione.
Evocare lo schieramento dell’esercito non è una soluzione. L’impiego delle forze armate in tutti i Paesi democratici è uno strumento straordinario e oggi i soldati che contribuiscono all’ordine pubblico sono già 7.200, un numero tra i più alti in Europa.
Quello che serve sono riforme organiche, che migliorino il coordinamento tra le forze dell’ordine e permettano un controllo più efficace del territorio. E bisogna riconoscere come gli unici passi avanti in questo campo li abbia realizzati il governo Renzi, con una serie di provvedimenti – come l’accorpamento della Forestale nei Carabinieri e le nuove regole sulle competenze – che se incrementati nel tempo potranno dare contributi importanti. Certo, bisogna fare di più, molto di più, per dare risposta alle richiesta di sicurezza dei cittadini. Ed è fondamentale che questo avvenga anche nei tribunali, garantendo la rapidità dei processi e l’efficacia delle condanne, in modo da evitare la prescrizione che garantisce una sostanziale immunità a tantissimi responsabili dei crimini predatori: un fronte su cui tutte le riforme berlusconiane hanno invece determinato effetti opposti.
La Repubblica – Gianluca Di Feo – 15/01/2018 pg. 1 ed. Nazionale.