Nel silenzio generale, la Regione sta progressivamente smantellando l’azienda ad alta specializzazione ad indirizzo universitario delle Scotte. La sigla è un po’ complicata, ma dietro c’è una fondamentale differenza con un “normale” ospedale: sta a significare che un’apposita convenzione con l’Università garantisce ai pazienti, come dice il nome, un alto livello di diagnosi e di cure. Senza questa “patente” di eccellenza, Siena rischia di rassegnarsi ad avere un ospedale di ridotte dimensioni, di taglio provinciale. E, cosa che sta già avvenendo per alcune specializzazioni, ciò significa non ricevere più pazienti da fuori regione per curarsi in una struttura dal valore riconosciuto, con la conseguenza, inoltre, che per cure o interventi particolari anche i senesi se ne dovranno andare altrove. La struttura di Santa Maria alle Scotte era nata per 1.400 degenti, ma già adesso ne contiene solo 600. Questa riduzione di presenze, con le caratteristiche dei vari lotti costruiti, equivale a una marea di soldi necessari per la gestione. Per di più, un grande ospedale nato per un servizio non certamente locale, si trova di fatto a servire, effettivamente, solo undici comuni. Gli altri abitanti del territorio senese fanno riferimento a Nottola e Campostaggia. Invece a Pisa, altra città universitaria, per tutto il territorio provinciale funziona solo l’azienda di alta specializzazione collegata con l’ateneo. Grosseto e Arezzo hanno un solo ospedale, e quest’ultima città sta diventando il punto di riferimento sanitario del sud per la Regione Toscana. Intanto, tanti primari che lavoravano alle Scotte hanno fatto le valige, e si sono accasati altrove. Insomma, l’azienda di alta specializzazione delle Scotte perde pezzi, fa acqua da molte parti, mentre l’edificio che la contiene lo fa a sua volta, plasticamente, tra soffitti crollati e allagamenti. Questo sbandamento è percepito facilmente dagli utenti che usufruiscono delle cure ospedaliere. Ci sono reparti vuoti, mentre le visite o le radiografie avvengono in spazi angusti, nei sotterranei. Non ci sono strutture alternative per i malati cronici, alcuni dei quali vengono parcheggiati al pronto soccorso, dove occupano i posti dedicati alle emergenze. E, come molti senesi avranno verificato, il Pronto soccorso è sovraffollato ed ha uno scarsissimo collegamento con le specializzazioni. Gli infermieri e i medici suppliscono personalmente alle mancanze gestionali in alcuni reparti e in un Pronto soccorso sotto organico, privo anche di un collegamento funzionale con il 118. Capita che un paziente attenda un’ambulanza per ore, per farla arrivare chissà da dove, mente magari ce ne sono diverse a portata di mano. E può capitare che un codice meno grave aspetti intere giornate prima di essere curato, o di trovare un letto. Ora, visto che il presidente della Commissione sanità in Regione è senese, come è possibile che non abbia niente da dire su questa situazione? Eppure è molto presente sui media, anche per cose di minor valore. E il Pd, forza di governo, cosa dice? L’Università? Le competenze in sanità appartengono alla Regione, ma certo un sindaco non può osservare questa situazione di marginalizzazione delle Scotte rimanendo in silenzio: dovrebbe usare tutti gli strumenti e i contesti istituzionali per far pesare il ruolo e il prestigio di una Università e di un ospedale che debbono rimanere un vanto della medicina italiana.
Siena rischia di non avere più l’assistenza sanitaria di alta specializzazione.
“Preoccupazione per la sorte di una sanità di eccellenza”. Intervento di Pierluigi Piccini.