di Pierluigi Piccini
Ma questo clima di spaesamemto cittadino, dove nulla accade, mentre tutto si “muove”, è dovuto a cosa? Al post festività, alla nuova ondata della pandemia? A cosa? La sensazione che si riceve è quella di una frammentazione, di una fluidità che lascia liberi le singole parti della città di giocare solo per se stesse. Ognuna di esse sembra impegnata a “passare la nottata” e a superare con il minor danno possibile la crisi economico-sociale che stiamo vivendo, se occorre a scapito degli altri. È la riprova di come siano, ormai da tempo, saltati i punti di riferimento politici e istituzionali che fungevano da mediatori generali. Era una mediazione capace di una visione che portava a sintesi le varie istanze del “potere” cittadino. Non è vero, come si sente dire, che tutto ciò è dovuto alla crisi della Banca ex cittadina. Questa mediazione era fatta dagli uomini e dalle donne (pochissime a dire il vero) che gestivano i vari luoghi del governo cittadino. Abbiamo avuto un punto alto di questa politica, che ha fatto grande la città, e un punto di caduta che l’ha messa in una situazione di grave crisi. Nel presente, si continua a navigare nell’incertezza e nella precarietà. L’indeterminatezza è dovuta anche alle difficoltà che attraversano i partiti, non esclusi quelli cittadini. Abbiamo assistito a due false partenze: quella rappresentata dal tentativo di rinnovamento del Pd di Matteo Renzi, che ha avuto anche a Siena le sue ricadute, il cui fallimento è sotto gli occhi di tutti. E la seconda, iniziata nel 2018, con il cambiamento delle maggioranze al governo della città. Devo dire che per un certo lasso di tempo, breve, mi ero fatto l’idea che i portatori di istanze di cambiamento avrebbero potuto rompere alcuni schemi consolidati e avviare un esperimento politico capace di liberare energie, costruire nuove alleanze sociali. Tutto questo non è successo, e non poteva accadere, perché le persone che hanno gestito il risultato elettorale, alla prova dei fatti, non sono state capaci neppure di porsi l’obiettivo politico che avrebbe stabilizzato la città per anni. I gestori della vittoria, quelli veri, provengono da un passato ben conosciuto. Sono stati capaci di riproporre solo le stesse logiche, anche peggiorandole in alcuni casi, con i partiti della maggioranza che hanno delegato le loro prerogative all’Amministrazione comunale e quel modo di governare appena ricordato. Una Amministrazione che ha fatto dell’isolamento e della divisione il modo di operare, trovando nella soddisfazione di alcuni limitatissimi interessi la ragione del proprio esistere. Dunque, incapace di rompere il trasversalismo che ha continuato ad alimentare. Due novità fallite. Quindi, la città oggi raccoglie questi insuccessi, queste delusioni che hanno avuto nel tempo la loro manifestazione più tangibile nell’astensione elettorale: l’unica arma che il cittadino ha in mano per esprimere il proprio dissenso. Il recupero della fiducia da parte dei senesi non sarà cosa facile.
Il riottenimento della credibilità sottoporrà tutti i soggetti che saranno coinvolti a una prova civica con se stessi e con le proprie coerenze. Richiederà onestà intellettuale, e non solo quella, ovviamente. Un percorso partecipato e trasparente fatto di contenuti, di vere capacità anche scomode, se saranno necessarie. Siena ha bisogno di credere nuovamente nel futuro attraverso una squadra composta da competenze, molto spesso mortificate. Capace di tenere i rapporti costanti con i cittadini, abbandonando la pratica delle false pacche sulle spalle o l’accomodamento strumentale del momento. Nel rispetto dei cittadini senesi, portatori di diritti e doveri, a cui non si chiede per chi hanno votato ancora prima di capire di cosa hanno bisogno. Insomma, di una collettività che decide di ritrovarsi come comunità tutti i giorni, e non soltanto in alcuni momenti ideologizzati, attraverso una retorica stucchevole e fuori luogo.