SIENA E IL PALIO

L’AVVERBIO SBAGLIATO DEL SINDACO DE MOSSI

di Roberto Barzanti

 

La proposta di annullare l’effettuazione dei Palii del 2020, anche nelle date ipotizzate per un eventuale loro rinvio entro l’anno, è stata ben accolta. Ha interpretato sentimenti largamente diffusi.

Spetterà al consiglio comunale approvarla formalmente, tenendo conto dell’unanimità scaturita da un accordo che ha registrato una piena convergenza di intenti. Sia il sindaco Luigi De Mossi sia i priori delle Contrade, in sintonia con il prefetto e il questore, hanno posto fine a incertezze a questo punto non più accettabili.

Non è stata una rassegnata rinuncia per impraticabilità tecnica, ma un gesto dettato da un’accorata partecipazione al doloroso periodo che stiamo attraversando. A incrinarne la sofferta nettezza ecco una postilla proferita dal sindaco che pare rimettere tutto in gioco. De Mossi ha detto che sta pensando ad un Palio straordinario in omaggio «alla sanità senese» e a quanti stanno lottando in prima linea contro l’assalto del virus.

Nobile idea, nulla da eccepire. Subito dopo lo scivolone. Ha infatti aggiunto che le condizioni per una carriera da disputare fuori dalla date ordinarie «ci potrebbero essere» se fosse scoperto un antivirale o addirittura il vaccino. Però, ha precisato, «la sollecitazione del Palio straordinario deve provenire da più enti» e allora «sarà la città a valutare se sarà il caso di fare (presumibilmente più nel 2021 che nel 2020) un Palio straordinario della rinascita, del ritorno alla normalità». Quel «presumibilmente» proprio non va. A parte il fatto che il sindaco ha la facoltà di essere lui in prima persona ad attivare la procedura prevista, che senso ha oggi far balenare di nuovo la speranza di inscenare la festa entro l’anno in corso?

Accidenti agli avverbi! Con un inciso è appannata la motivazione etica che l’annullamento ha manifestato. Che senso ha poi evocare il pronunciamento in merito «alla città». Attraverso referendum? In proposito voce in capitolo l’hanno le assemblee di Contrada. E l’iniziativa ha disco verde se almeno dieci sono a favore. Quanto ai tempi da poco nella normativa si è inserito che la richiesta del sindaco, della giunta o di altri enti deve pervenire entro il 31 marzo. Modifica quanto mai bizzarra, perché, se si tratta di celebrare un evento, non si vede la congruità di fissare una profetica data imperativa.

Il «tempestivamente» bastava. Insomma si è dato la stura perché qualcuno (pochi) ricominci a discettare sul calendario invece di esaltare la sostanza di una volontà autonoma. O non ha detto De Mossi che è venuta l’ora di dare certezze e tagliar corto? Nel 1848 il Palio del 2 luglio non si svolse. La somma necessaria per organizzarlo (420 lire) fu devoluta ai combattenti animati da patriottico ardore. Un analogo gesto sarebbe la sigla onorevole di un 2020 da ricordare per i tristissimi vuoti che ha provocato.

 

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