Se il prof è un dipinto L’antidoto in classe contro il mondo virtuale

Prosegue il progetto del Museo Novecento organizzato insieme a Mus. e: opere d’arte delle collezioni civiche portate nelle scuole elementari e medie
di Sergio Risaliti
Non si può immaginare la gioia che danno le uscite nelle scuole elementari e medie inferiori in occasione del progetto Outdoor, organizzato assieme a Mus.e.
Soprattutto adesso, dopo mesi di didattica a distanza e i musei chiusi per troppi mesi. È bello ritrovare il contatto diretto a casa loro, perché in quelle aule i bambini e ragazzi ci passano tante ore. In più quella che si incontra è sempre una famiglia allargata. Ma cosa è Outdoor e perché l’abbiamo pensato. Si tratta di un progetto di mediazione culturale, inverso rispetto a quelli abituali, che vedono gli alunni e gli studenti venire al Museo Novecento e lavorare creativamente nelle nostre sale.
Abbiamo semplicemente pensato di ribaltare il percorso. Senza nulla togliere alle abituali esperienze in loco. E così abbiamo deciso di portare fisicamente i dipinti e le sculture delle collezioni civiche nelle aule, appunto, a casa loro. Abbiamo preso la via della cultura materiale per scardinare quella dell’idealismo ancora dominante sotto altre forme e con altri metodi e parole. Abbiamo pensato a come far capire cosa sono i dipinti, materialmente parlando, a come funziona un trasporto, perché si assicurano le opere, come funziona un restauro, e così via. Una forma paragonabile al Living Theater, un environment, una performance in diretta nelle aule delle scuole. La “compagnia teatrale” è infatti numerosa. Prevede assieme a un operatore della mediazione culturale di Mus.e anche trasportatori d’arte, irappresentanti della compagnia assicurativa, restauratori specializzati in dipinti e sculture.
Sarebbe bello essere accompagnati di volta in volta anche da un giornalista, uno scrittore, o magari un collezionista per raccontare cosa è la passione per l’arte.
Ma come avviene tutto ciò. Merita spendere qualche parola in più. Si arriva a scuola di mattina presto dove bambini e ragazzi sono stati riuniti in uno spazio tutti assieme. Con i più piccoli è motivo di gioia. Una vera sincera emozione prende il sopravvento. Venti, trenta piccole sedie magari in circolo e loro che fanno a gara a sedersi. Poi arrivano i trasportatori con l’oggetto del desiderio. La grande cassa dove si nasconde il tesoro. Breve introduzione e poi inizia lo spettacolo. Tutto gioca a favore dell’esperienza in diretta per correggere il tiro sbagliato per troppa didattica a distanza. Mi spiego. Ancor prima della pandemia abbiamo capito che il nostro destino di esseri umani sta mutando con l’esasperazione tecnologica, lo sdoppiamento di realtà e virtualità, la trascendenza dell’esperienza fisica a distanza, che sia arte, teatro, affettività, gioco o avventura. Così è nato Outdoor, come alternativa e antidoto. Oggi, dopo le costrizioni subite con la pandemia, questo tipo di esperienza mi appare più che mai decisiva, una delle migliori tra quelle proposte dal Museo Novecento.
L’attività a scuola è di gruppo ma coinvolge tutti singolarmente. Gli alunni partecipano uno a uno all’evento. Due momenti esaltano la loro attenzione e il loro interesse per ogni forma di avventura, soprattutto nuova e coinvolgente. Le bambine e i bambini vengono chiamati ad aprire la cassa usando lo svitatore, sempre aiutati da un esperto che sorveglia l’operazione. Ciò significa prendersi cura dell’oggetto artistico, usare le mani. E poi possono vedere uscire dal suo imballo il dipinto, capire come sono fatti i materiali di protezione, riescono, finalmente, a vedere il dietro della tela, guardano la cornice da tutti i lati, scoprono che dietro l’immagine c’è un supporto, una rivelazione che a livello concettuale ha un valore enorme. Superata questa fase, entra in scena la restauratrice o restauratore. Con i suoi occhiali da esploratore e scienziato. Si può solo immaginare la reazione dei bambini e della bambine chiamate a indossare quegli aggeggi veramente speciali. Il momento in cui si avvicinano a pochi centimetri all’opera è uno dei più emozionanti per noi tutti. Con grande meraviglia scoprono paesaggi, come se vedessero con un telescopio la crosta della Luna o di Marte.
Avvallamenti, precipizi, ammassi di colore, fratture, figure ingigantite, segni che hanno lo spessore di una corda. Semplicemente la materialità del colore. La pelle carnosa dell’immagine. È il magico momento del corpo a corpo con la pittura e la scultura. Qualcosa di indimenticabile per loro e per noi. Dopo queste performance tutto diventa più semplice: raccontare la vita dell’artista, spiegare il senso delle immagini, suscitare interesse per la vita del museo, e perfino immaginare un futuro da trasportatore d’arte, restauratore o direttore di museo.
Ormai il dipinto è sceso in terra.
Staccato dal muro è un pezzo di vita che da adesso appartiene anche a loro. Quella cosa che rischia sempre di essere un feticcio è veramente resuscitata.