Se il filosofo incontra il presidente

Il premier Giuseppe Conte ha intervistato Emanuele Severino. Ne è venuto fuori un discorso sul potere della tecnica, i limiti della politica, il capitalismo, dio e l’uomo. Eccolo in esclusiva per “Repubblica”
Durante la sua visita a Brescia all’inizio di aprile il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha fatto visita al filosofo Emanuele Severino. Hanno parlato di temi che vanno dalla politica al futuro della democrazia minacciata dal dominio della tecnica. Il premier ne ha tratto l’intervista che pubblichiamo in queste pagine

Alcuni giorni or sono, a Brescia, ho fatto visita al professore Emanuele Severino, un punto di riferimento della filosofia teoretica a livello internazionale. Dal 13 al 15 giugno, per il novantesimo compleanno del filosofo, si terrà nella sua città un congresso internazionale sul tema Heidegger nel pensiero di Severino. Da tempo desideravo incontrarlo, anche per l’estrema versatilità di pensiero che traspare dai suoi scritti, in cui la filosofia è sorpresa a dialogare con la poesia, con l’arte, la scienza, il diritto, la politica. Da quel dialogo è nata l’idea di ricavare questa intervista, che riassume i temi allora trattati, con qualche approfondimento.

Giuseppe Conte: La filosofia è una mia antica passione e ha senz’altro ha contribuito alla mia formazione culturale. Credo che le categorie del pensiero filosofico, nella migliore tradizione aristotelica, possano risultare di estrema utilità per un politico. Partirei proprio dal ruolo del capitalismo nell’attuale congiuntura storica.
Emanuele Severino: Occorre distinguere tra capitalismo e strumento tecnico di cui il capitalismo si serve. Capitalismo e tecnica stanno insieme, ma con scopi essenzialmente diversi. Quello del capitalismo è l’incremento indefinito del profitto privato; quello della tecnica è l’incremento indefinito della potenza, della capacità di realizzare scopi.
G.C.: Nel suo scritto La potenza dell’errare, lei ha dedicato un paragrafo anche ai governi tecnici.
E.S.: La tecnica è destinata al dominio. Bisogna intendersi sul significato della parola “tecnica” (e “destinazione”) e sul fatto che i “governi tecnici”, come in un certo senso è anche il suo, siano in qualche modo l’anticipazione, il protendersi, verso quella situazione, non certo imminente, che chiamo dominazione della tecnica.
G.C.: Non concordo sul fatto che il mio sia un governo tecnico, quantomeno secondo l’accezione comune, ma seguo il suo discorso.
E.S.: Capisco, ma tenga presente che i “governi tecnici”, in Europa e in Italia, sono ancora guidati da un’ideologia (democrazia, comunismo, Cristianesimo, Islam, Ebraismo, ecc.,), sì che questi governi non hanno come scopo l’incremento della potenza tecnica, ma la tecnica serve come mezzo per realizzare il loro scopo ideologico.
G.C.: Ideologia come sistema di pensiero coerentemente impostato su alcune idee forti.
E.S: Sì. Quindi anche la gestione politica della società è destinata a essere sostituita dalla gestione tecnica della società.
G.C.: Perché la tecnica, nella sua riflessione, risulta così vorace, così assorbente? Perché questa propensione per il dominio assoluto al punto che essa non riconosce altro da sé?
E.S.: La democrazia si serve della tecnica. Lo scopo della democrazia è di realizzare un mondo di uguaglianza, di libertà, di fraternità. Altre forze intendono realizzare scopi diversi. Esse sono tra loro in conflitto: ad esempio, la democrazia è in conflitto con il capitalismo; a sua volta, esso non vuole che lo scopo ultimo della società sia l’affermazione dei principi democratici. Per combattersi e prevalere le une sulle altre, queste ideologie si servono della forza maggiore a disposizione dell’uomo, che è oggi la tecnica, guidata dalla scienza moderna. In questa situazione di conflittualità, come fa una di queste forze a prevalere sull’altra?
G.C.: Rafforzando lo strumento tecno-scientifico.
E.S.: Proprio così. Rafforzandosi, essa si porta al di sopra delle altre. Oggi la forza più potente è il capitalismo. Ma a un certo punto il sistema che avrà come unico scopo il potenziamento della tecnica prevarrà sul sistema capitalistico (e su ogni altro sistema) che oltre a tale potenziamento dovrà realizzare il proprio scopo specifico. L’inevitabilità di questo prevalere è la destinazione della tecnica al dominio. Da mezzo la potenza tecnica diventa lo scopo dell’uomo.
G.C.: Il capitalismo tenta dunque di estendere la sua sfera di influenza e di applicazione ai danni della democrazia. La seguo, e condivido il suo pensiero: benché si tratti di una prospettiva per dir così ferale, in quanto prevede un’inversione tra scopo e mezzo.
E.S.: Nella tradizione si crede che, se non esistesse l’eterno (il divino), il divenire del mondo sarebbe impossibile. Nel sottosuolo filosofico degli ultimi due secoli si comprende invece che se esistesse l’eterno, non potrebbe esistere il divenire del mondo. Ma poiché il trasformarsi del mondo è considerato innegabile, allora l’esistenza dell’eterno è impossibile. Infatti l’eterno, il Dio della tradizione, anticipa tutti i tempi.
G.C.: Intende dire che Dio contiene tutto in sé?
E.S.: Sì.
G.C.: Ed è qui che merita una menzione il suo discorso sulla “follia”.
E.S.: La distruzione dell’eterno, la quale autorizza la tecnica ad andare oltre ogni limite, è l’inevitabile “follia” degli ultimi due secoli. La sua radice è l’origine filosofica dell’Europa. Il punto di partenza di questa “follia” che è la dominazione della tecnica è la fede nel “diventare altro” delle cose. Sin dal suo inizio la filosofia approfondisce questa fede ponendo che le cose passano dal loro non essere al loro essere e viceversa. La “follia” è appunto questa fede, che invece viene ritenuta come l’evidenza più indiscutibile. Ma non basta dirlo. Nei miei scritti lo si mostra in concreto. Si mostra che ogni cosa ed evento sono eterni, ossia è impossibile che vi sia un tempo in cui essi non siano. (È singolare che Einstein, in base alla logica della “follia”, giunga ad affermare che il futuro e il passato non sono meno reali del presente). Ogni uomo è un re che crede di essere un mendicante. Già qui, ora, ognuno di noi è la regalità che consente quel conoscere la verità facie ad faciem («faccia a faccia» come dice l’apostolo Paolo) che per il Cristianesimo è possibile soltanto nella condizione paradisiaca. Questo sapere incontrovertibile è presente in ognuno di noi, anche se occultato dalla persuasione dell’esistenza del diventare altro delle cose.
G.C.: Lei mostra di avere quindi un’alta concezione dell’essere umano.
E.S.: È la verità incontrovertibile a mostrare l’altezza vertiginosa dell’uomo.
G.C.: Secondo lei, ci sarà ancora spazio per la riflessione filosofica o la tecnica assorbirà anche questa attività dello spirito?
E.S.: È inevitabile che la stessa dominazione della tecnica tramonti perché la felicità che essa dà all’uomo è fondata sul sapere scientifico, che è soltanto ipotetico. Una felicità ipotetica è tanto più angosciante quanto più desiderata. Sarà la filosofia a mostrare la necessità che anche il dominio della tecnica venga oltrepassato. Non solo, ma la filosofia sarà il richiamo a cui i popoli stessi sono destinati a prestare ascolto. Solo essa è infatti in grado di indicare il senso autentico della “non-follia”. In una Repubblica dove, a differenza di quella di Platone, saranno le macchine a compiere ogni forma di lavoro, tutti saranno filosofi.
G.C.: Professore, le sue riflessioni sono molto stimolanti.
E.S.: Io le sono grato, presidente, della sua cortesia nei miei confronti: Lei è il primo ministro e viene qui ad ascoltare le parole di un filosofo.