Se a sinistra torna il fattore r

di Roberto Barzanti

 

Da molte laceranti discussioni ho ricavato spesso l’impressione che in Toscana, nel frantumato e litigioso mondo della sinistra, serpeggino o si manifestino dissensi non epidermici nelle analisi della tragedia che l’Europa e il mondo stanno soffrendo. Il «neneismo» — termine malizioso coniato da Roland Barthes per alludere a prudenti atteggiamenti di equidistanza tra soggetti in contesa — è più diffuso di quanto si pensi o si faccia credere. Il fenomeno richiederebbe indagini accurate. Le sensazioni personali non lo sono: eppure inducono a riflettere. E riportano alla ribalta temi tutt’altro che definiti. Il fatto è che il crollo del Muro di Berlino è stato vissuto da larghe fasce di opinione e anche da militanti come una sciagura, non come l’uscita da un passato che non reggeva più da tempo. «Né con la Nato, né con Putin» è slogan che echeggia o è sottinteso anche in ambienti che non ti saresti aspettato. Che la situazione creatasi a seguito dell’«operazione militare speciale», molto speciale, architettata da Putin abbia vari moventi e richieda freddezza e disponibilità al confronto è fuori discussione. Ma di fronte a quanto sta accadendo dovrebbe prevalere un senso della realtà franco e netto. Una strategia che punti alla ricostituzione del dissolto Impero non è accettabile. Pur inquinata da manovre e componenti che nessuno nega, siamo davanti a una disperata e difensiva resistenza a petto di una gigantesca offensiva bellica. Dobbiamo aiutarla.

L’attività diplomatica perverrà a una soluzione garantita se sarà sconfitto nella sostanza o ridimensionato il cinico dispotismo. Certo: il «nuovo inizio» che il 1989 implicava non si è avuto. Malgrado qualche passo avanti, l’Ue non ha assunto il ruolo autorevole che avrebbe dovuto ricoprire. Anziché costruire insieme un nuovo sistema di sicurezza mondiale si è permesso a ogni Stato di procedere per suo conto e le alleanze si sono espanse con maggiore o minore incisività ma mai imboccando la strada più valida. E la sinistra — le sinistre — con le forze democratico-liberali con quanta lungimiranza si sono mosse? La frase pronunciata da Bersani in uno dei salotti tv più frequentati riassume candidamente impacci e nostalgie: «Quando hai davanti l’orso russo, devi stare attento a come lo maneggi». Consiglio preceduto da una sincera condanna dell’aggressione, ma non è improprio cogliervi una involontaria dimensione psicologica. Chiamatela come volete — magari Fattore R (come Russia) o altrimenti. La battuta rivela, comunque, che non sono scomparsi paradossali riflessi mitizzanti e storture valutative alimentate da un antiamericanismo vecchio stampo. Risorge così per questa via il sogno di un emendato comunismo chiuso alla globalizzazione? Il cosiddetto Occidente, d’altro canto, è in declino e non ha le carte in regola per incarnare il primato che gli viene richiesto: è constatabile in una catena di errori. Interpretare il conflitto esploso come opposizione radicale tra un compatto Occidente liberale e un insidioso univoco Oriente è schema che semplifica una mappa variegata e differenziata. C’è chi sostiene che è urgente individuare una via d’uscita che non sia umiliante per la Russia e permetta all’Orso di ottenere qualche risultato territoriale in più rispetto a quelli già incassati. Putin e i suoi sono intenzionati a siglare un compromesso decente e durevole o si mantengono fedeli a logiche spartitorie etnico-nazionalistiche e alle minacce atomiche? Sembra di tornare a prima di Yalta. In talune dispute, frammenti di quelle che si accendevano nelle affollate Case del popolo, risuonano rimpianti e discorsi animati da un reticente pacifismo ideologico. Mentre è l’ora di resistere con energia per trattare con dignità.

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