SCHIERAMENTI DESTINATI A RIMODELLARSI DOPO IL VOTO

di Massimo Franco

 

Dire, come ha fatto l’ex segretario del pd Nicola Zingaretti, che «in questo momento il centrodestra non esiste», mescola una verità con un esorcismo. Una verità è che a livello nazionale Lega e FI sono al governo, Giorgia Meloni all’opposizione. L’esorcismo si indovina invece nella rimozione di una seconda verità: nelle grandi città il centrodestra è unito, mentre a essere diviso è il centrosinistra. Ma questo non garantisce un’affermazione del primo: come minimo il panorama rimane confuso.

La scelta dei candidati è stata a dir poco complicata, sia a Roma che a Milano; e a Napoli la lista del Carroccio si è rivelata un pasticcio. In più, storicamente i capoluoghi non sono terreno facile per uno schieramento che in diverse realtà nel 2016 non è arrivato nemmeno ai ballottaggi. Non a caso, ieri, da Genova, Matteo Salvini ha dichiarato con una punta di soddisfazione che a ottobre il centrodestra stavolta arriverà al secondo turno; ma riconoscendo che parte da una posizione di svantaggio.

«I sondaggi», ha detto, «non sono mai granché per il centrodestra, ma poi i voti arrivano. Quindi ci vediamo il 3 ottobre. A Milano, Roma, Napoli, a Bologna ci sarà il ballottaggio. Contiamo di vincere al primo turno a Trieste piuttosto che a Novara». Il tema, dunque, è come tradurre in maggioranza elettorale quella «maggioranza del Paese» che Salvini, Meloni e Silvio Berlusconi rivendicano dalla loro parte; e come fare pesare i consensi per incidere sull’agenda del governo di Mario Draghi.

Sono queste la scommessa e la sfida del 3 ottobre e dei successivi ballottaggi. L’esito delle Amministrative non avrà grandi effetti sull’esecutivo. L’incognita dell’astensionismo dipende anche dalla mancanza di entusiasmo che si registra nella campagna elettorale. Ma il risultato inciderà sugli umori e le aspettative dei partiti nella fase successiva. E, per paradosso, a dispetto di un’incertezza diffusa, un centrosinistra diviso tra Pd, M5S, difficilmente catalogabile com forza di sinistra, come anche Azione di Carlo Calenda e Iv di Matteo Renzi , potrebbe alla fine avere più sindaci degli avversari.

Non significa che queste formazioni si alleeranno in vista delle Politiche. Il rimescolamento di partiti e alleanze è in piena evoluzione. E nel modo in cui Palazzo Chigi sta perseguendo la propria strategia, si coglie una valutazione fredda e precisa dei punti di debolezza e di contraddizione degli alleati che formano la maggioranza. Dopo il voto di ottobre, non è difficile prevedere che, chiunque vinca o perda, gli schieramenti si rimodelleranno, mettendo in tensione sia le leadership, sia le alleanze: un fermento che si proietterà inevitabilmente sull’elezione del capo dello Stato, a febbraio.

 

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