Di che cosa stiamo parlando
Il maggiore Gianpaolo Scafarto era l’ufficiale del Noe dei carabinieri responsabile delle indagini su Consip. I pm romani hanno accertato una serie di falsi che lui avrebbe inserito in un’informativa inviata all’autorità giudiziaria. Uno in cui cercava di coinvolgere Tiziano Renzi (indagato per traffico di influenze) e uno in cui ipotizzava un interessamento dei Servizi Segreti all’inchiesta. Per questo è accusato di falso. Al maggiore vengono contestati anche la rivelazione del segreto e il depistaggio
ROMA. Dopo i falsi e il depistaggio, una nuova accusa pende sulla testa dell’ufficiale dell’Arma, Gianpaolo Scafarto, durante l’inchiesta Consip capitano in forza al Noe. La procura di Roma gli contesta di aver passato al Fatto Quotidiano una serie di notizie riservate. In un primo momento, i pm avevano ipotizzato che dietro a quelle soffiate ci fosse il collega napoletano Henry John Woodcock, titolare del filone campano d’indagine, che per il tramite della sua compagna, la giornalista Federica Sciarelli, aveva fatto arrivare al giornale diretto da Marco Travaglio alcune informazioni coperte dal segreto investigativo. Ipotesi smentita dagli accertamenti successivi tanto che per Woodcock e Sciarelli è stata chiesta l’archiviazione, ora il sospetto ricade sul maggiore Scafarto (nel frattempo promosso). Gli inquirenti lo accusano di rivelazione del segreto. E non sarebbe la prima volta: all’ufficiale già viene contestato di avere passato notizie riservate sull’inchiesta a suoi ex colleghi in forze ai Servizi. Ieri l’ufficiale doveva essere sentito dal procuratore aggiunto Paolo Ielo e dal sostituto Mario Palazzi ma l’interrogatorio è saltato.
Prosegue, dunque, l’inchiesta romana sulle fughe di notizie che hanno messo in grande difficoltà gli accertamenti su Consip, svelando agli indagati l’esistenza di un’inchiesta su di loro. Il Fatto pubblicò nei giorni prima di Natale 2016, quasi in tempo reale, la notizia dell’iscrizione dell’allora comandante generale dei carabinieri, Tullio Del Sette, e del ministro dello Sport, Luca Lotti.
E prosegue anche il procedimento disciplinare al Csm per i pubblici ministeri napoletani Celestina Carrano e Woodcock. Ieri il pg della Cassazione Mario Fresa, rispondendo a una richiesta di integrazione avanzata dalla sezione disciplinare di palazzo dei Marescialli, ha chiarito come i due magistrati partenopei sentendo l’ex consigliere di Palazzo Chigi Filippo Vannoni, il 21 dicembre 2016, avrebbero violato una serie di diritti di difesa. Innanzitutto, il presidente di Publiaqua (indagato a Roma per favoreggiamento) sarebbe stato sentito con testimone e non come indagato. Non solo: su di lui Woodcock avrebbe anche esercitato pressioni, come quella di mostrargli dalla finestra il carcere di Poggioreale e di chiedergli “se vi volesse fare una vacanza” e di fargli vedere dei fili, spacciandoli per microspie. E soprattutto, con la collega Celestina Carrano avrebbe lasciato mano libera ad agenti di polizia giudiziaria (tra i quali anche Scafarto), permettendo a tutti loro di “svolgere in maniera confusa e contemporaneamente, una molteplicità di domande” e di invitare Vannoni a “confessare”. A raccontarlo è stato lo stesso Vannoni durante la sua audizione con i pm romani. I difensori dei due sostituti, l’ex procuratore di Torino Marcello Maddalena Marcello Maddalena per Woodock e il procuratore di La Spezia Antonio Patrono, hanno insistito sulla “inattendibilità” di Vannoni.