In tour con una comitiva cinese: Santa Croce, Signoria, ristorante e borse
Il primo briefing si tiene verso le 11 — subito dopo esser sbarcati dal torpedone sul lungarno — sotto la torre della Zecca Vecchia, su una fetta di prato sufficientemente ampio da contenere tutto il gruppone formato da una trentina di cinesi arrivati in Italia da Shangai cinque giorni fa. In mezzo a loro la guida turistica che, oltre agli avvertimenti — «Mi raccomando non toccate nulla, non fatevi mettere in mano cose, che poi vi tocca comperarle. E tenete nascosti cellulari e portafogli» —, offre una veloce infarinatura sulla storia di Firenze: i Medici, il Rinascimento, Leonardo e Michelangelo, Ponte Vecchio. Per il Bignami bastano dieci minuti. Giusto il tempo di attraversare via dei Malcontenti e il «Cicerone» ha già esaurito i suoi argomenti.
La prima tappa è piazza Santa Croce, ma non per la basilica. La guida e la sua giovanissima assistente fanno entrare la comitiva all’interno di un outlet della pelletteria per un giro veloce tra giacche, giubbini, borselli e borse. «Very very italian», urla l’uomo in un microfono collegato a delle ricetrasmittenti con auricolari che i turisti cinesi portano al collo. Finite le compere, una donna si rivolge alla guida chiedendo di poter visitare la chiesa: «No, non abbiamo tempo dobbiamo vedere tante altre cose e tra tre ore ci aspetta il bus per Montecatini». Le tante altre cose da vedere sono ovviamente magazzini, ed attività commerciali che di fiorentino non hanno nulla. Ma che in compenso assicurano alle guide commissioni tra il 30 e il 50%.
Ed allora ecco che il gruppone si avvia in fila indiana verso una sorta di centro commerciale della pelle, sempre in piazza Santa Croce. Qui i commessi sono tutti asiatici e ognuno di loro ha un ruolo ben preciso: c’è chi è addetto ad accompagnare le persone da una stanza all’altra, chi come i vecchi pizzardoni romani indica da quale parte andare e chi intrattiene i clienti. Terminata anche questa visita la guida turistica dà il rompete le righe per una decina di minuti. Poi di nuovo tutti in fila indiana per avviarsi verso il ristorante, la Vecchia Firenze in Borgo Albizi.
Sono appena le 11,45 ma la sala è già stracolma di asiatici che non appena vedono arrivare sperlunghe tracimanti di spaghetti al sugo e di «ròsbif» e patate applaudono e lanciano un «ohhhhh» di meraviglia. Trenta minuti per mangiare e il tour ricomincia da piazza Duomo. Anche in questo caso nessuna visita né alla cattedrale, né al Campanile di Giotto e né tantomeno alla Cupola del Brunelleschi, ma solo selfie e foto da ogni possibile angolazione.
Poi via di corsa verso piazza Signoria per altri scatti; infine un passaggio veloce sotto il loggiato degli Uffizi dove i trenta cinesi vengono presi di mira prima dai bagarini e subito dopo dai venditori abusivi. Ma la guida, che conosce bene certi meccanismi, li affronta a muso duro fino a litigarci: «Andate via, smettetela altrimenti chiamo i vigili». Penultima tappa, Ponte Vecchio. Da vedere, però, dalle spallette che danno sul Circolo Canottieri. Perché il tempo stringe — sono quasi le 14 — e bisogna ancora passare dalla «mecca» dell’abbigliamento e degli accessori. Per entrare nel gigantesco negozio del centro bisogna attendere il proprio turno: «C’è più fila qui che all’Accademia», se la ride un fiorentino di passaggio.
E allora i trenta cinesi decidono di fare una pausa: qualcuno tira fuori dallo zainetto cibo portato dall’albergo, altri invece il thermos pieni di caffè e tè. Una volta avuto il via libera, il gruppo entra nel negozio, ma la guida ci tiene a dare loro un consiglio disinteressato: «Fate con calma, scegliete bene le cose e comprate tutto ciò che vi piace perché a Firenze non tornerete più». Dopo un’ora passata nello store arriva il momento di ripartire per l’albergo, a Montecatini.
«Domani (oggi, ndr ) partiamo per Mestre e tra tre giorni andremo a Milano», spiega la guida turistica, che dopo qualche insistenza ci dice anche il motivo per il quale vengono evitati i musei. «Perché non abbiamo così tanto tempo — spiega — Questi tour costano poco e hanno un cronoprogramma da rispettare. E poi negozianti e ristoratori ci danno una commissione, dal 30 al 50%, su tutti gli acquisti delle nostre comitive. I musei che ci danno?».